In risposta alle polemiche della scorsa settimana che avevano visto come protagonisti, da un lato Manfredi Borsellino, figlio del giudice ucciso dalla mafia il 19 Luglio del ’92,e da un altro lato il direttivo dell’ Associazione antimafie e antiracket ” Paolo Borsellino” -onlus, (associazione che più volte si è costituita come parte civile nei processi contro la mafia) è arrivata la nomina a presidente onoraria della suddetta associazione di una donna nota per il suo coraggio e per la sua scelta di contrapporsi alla famiglia mafiosa a cui apparteneva e alla mafia stessa,divenendo una preziosa testimone di giustizia. Stiamo parlando di Piera Aiello, cognata di Rita Atria anch’ essa dissociata dalla mafia, sorella del marito di Piera Aiello e grande estimatrice del giudice Borsellino tanto da suicidarsi poche ore dopo la strage di via D’Amelio nella quale rimasero uccisi lo stesso Borsellino e i cinque agenti della scorta. La stessa Aiello si è detta onorata e felice di ricoprire un tale ruolo in una associazione che simboleggia e difende la lotta a Cosa Nostra. Ai vertici dell’ associazione è rimasto Salvatore Chirco in qualità di presidente,mentre Antonio Cusumano responsabile del sindacato di polizia provinciale siulp e agente di scorta del giudice Grillo,è stato eletto vicepresidente. Gli altri componenti dell’ associazione sono nomi di tutto rispetto.Si va da Angelo Niceta,anche egli testimone di giustizia, appartenente ad una potente famiglia palermitana che ha però avuto il coraggio di denunciare i parenti legati a doppio filo con i più importanti mafiosi e che ha testimoniato nel processo sulla trattativa Stato- mafia,ad un professore architetto, Enzo Campisi,da anni impegnato nella associazione che si prefissa lo scopo della diffusione della legalità a tutti i livelli, sia culturale,attraverso la divulgazione scolastica,sia attraverso l’ aspetto giuridico. Da anni infatti, l’ Associazione è impegnata anche nella sensibilizzazione dei giovani al fenomeno mafioso oltre che protagonista di molti processi contro la mafia in cui si è costituita come parte civile. All’interno della Associazione si trovano esponenti provenienti da diverse realtà sociali. C’è un giovane praticante avvocato, Giuseppe Manetta,e c’ è un geometra, Francesco Schifano e un agente in pensione della polizia penitenziaria, Leonardo Valenza. I gruppi tematici di lavoro sono sempre coordinati dall’ avvocato Giuseppe Gandolfo. Le new entry sono però tante. Ci sono i giornalisti come Paolo Borrometi ( anche se lo stesso avrebbe negato di aver mai dato il proprio consenso e di aver anzi chiesto un pò di tempo per studiare bene lo statuto dell’ Associazione) e Michela Gargiulo e anche Angelo Voza. Ricordiamo ai lettori che le polemiche che avevano amareggiato i componenti dell’ associazione antimafie e antiracket erano scoppiate improvvisamente come un fulmine a ciel sereno appena qualche settimana fa. L’ ANSA SICILIA aveva pubblicato una dichiarazione di Manfredi Borsellino nella quale diffidava la stessa associazione ad utilizzare il nome del padre. In uno scambio di mail risalenti alla scorsa Estate, l’ associazione ha chiesto il consenso agli eredi del giudice per potere inserire il nome di Paolo Borsellino nell’ intestazione dell’ onlus che nel frattempo aveva cambiato denominazione e aveva tolto la parola ” Marsala” presente precedentemente, per dare un afflato più ampio ai propri obiettivi e al proprio impegno. E lo stesso Manfredi si era mostrato contento augurando buon lavoro ai vari componenti della associazione. Che cosa è cambiato dunque? Perché il giovane Borsellino ha addirittura avanzato la diffida? Perchè in una lettera formalmente mandata dal proprio avvocato dichiara ” non di non gradire l’ utilizzo del nome del padre per una associazione antimafia ma, in modo molto sottile, intima all’ associazione di non dire di essere stati autorizzati dagli eredi.”
Si è parlato di un versamento di circa 21 mila euro erogato dalla Regione siciliana all’ associazione ma stando alle dichiarazioni dello stesso direttivo, in realtà, l’ Associazione avrebbe ricevuto solo un accredito di 7 mila euro, restituiti con gli interessi. Mentre i 2800 euro incassati sarebbero stati utilizzati per pagare le parcelle dell’ avvocato difensore civico Peppe Gandolfo. Anche nel caso in cui le parti civili di un processo antimafia dovessero risultare come parte lesa e dunque destinatarie di un risarcimento, i soldi dello stesso, arrivano dopo molti anni. Addirittura, a seguito di una normativa erogata dal governo Berlusconi, le parti civili di un processo a cui viene stabilito un indennizzo, devono rivalersi sul mafioso stesso che quasi sempre risulta nullatenente e fruitore di una pensione spesso ridicola di cui cede, nella migliore delle ipotesi un quinto della stessa.
La verità è spesso una nebulosa che cela il proprio centro,che sfuma i contorni,che confonde e rende impervio il cammino dei viandanti spesso solitari che invece la cercano.