Ambiente deturpato, economia al palo, famiglie senza pace, lavoratori senza dignità, città senza identità. È questo il desolante quadro offerto dal mancato dragaggio del porto canale di Mazara del Vallo, atteso da oltre 40 anni e per il quale non sembrano essere affatto brevi i tempi per trovare una soluzione.
Sono passati due mesi da quando l’Assessorato Territorio Ambiente della Regione Sicilia ha deciso di rispettare i DM 172 e 173/2016 sulle norme e le tecniche da utilizzare per le operazioni di dragaggio delle aree marine e costiere ed il conseguente rilascio in mare dei materiali da escavo per prevenire gli impatti ambientali e da allora, la marineria, che sembrava aver trovato uno spiraglio di luce, è precipitata nello sconforto.
L’oggetto della discordia, continua ad essere la cosiddetta “Laguna di Tonnarella”, meglio conosciuta come “Colmata B”, destinazione inizialmente prevista per scaricare i fanghi estratti dal fondale, ma difesa strenuamente dagli ambientalisti mazaresi perché ritenuta biotipo sensibile e habitat naturale di volatili di specie rara. La firma della dr.ssa Rosaria Barresi, dirigente generale del Dipartimento Regionale Territoiro e Ambiente, che autorizzava il dragaggio del porto canale e che al contempo vietava di versare i fanghi nella Laguna, ha spiazzato tutta la filiera ittica la quale oggi conferma comprensibilmente il suo stato di agitazione e si interroga su quale sarà il futuro della reale identità di Mazara.
Il Coordinamento Filiera Ittica, costretto a risolvere beghe pesanti come il sequestro dei natanti e gli attacchi della milizia libica che con mitragliate all’indirizzo dei pescherecci mazaresi, anche in acque internazionali ,mette a repentaglio la vita dei marittimi, negli ultimi giorni ha manifestato tutto il proprio dissenso nei confronti dell’Assessore al Territorio e all’Ambiente Maurizio Croce, fra i principali imputati dopo l’accoglimento del decreto ministeriale. La presenza a Mazara nella prima metà di gennaio dei titolari della Ecol 2000, la ditta di Messina alla quale era stato appaltato il primo stralcio dei lavori, è servita per un avere confronto su quando e come si possa procedere. I portavoce della ditta messinese infatti, si dicono pronti a partire, purtroppo per i marinai mazaresi però, l’autorizzazione a procedere dovrà passare dalle mani del Commissario Straordinario alla mitigazione del rischio idrogeoloico della Sicilia, l’ing. Calogero Foti, il quale, ad oggi,non trova riscontro da parte del Provveditorato Opere Marittime della Sicilia, ed in particolare dal progettista delle operazioni di dragaggio, ovvero l’Ing. Leonardo Tallo, principali deputati a trovare l’area apposita dove scaricare i fanghi.
Una ricerca che non sarà affatto facile, soprattutto se a fare muro si trova anche l’Amministrazione Comunale mazarese, seriamente decisa a scagliarsi contro chi non gli permette di scaricare liberamente i detriti in colmata, ovvero proprio l’Assessorato, il quale sembra avere l’unica colpa di rispettare le regole. Perchè il Comune, senza che ne abbia la responsabilità, spinge così tanto contro chi si preoccupa di salvaguardare l’ambiente? Cosa rende così particolarmente appetibile la “Colmata B” all’Amministrazione per odiare così i DM 172 e 173? La spiegazione, forse, si troverebbe tornando indietro di qualche anno. Era il 2000 quando si iniziò a progettare il primo tentativo di pulizia dei fondali del porto canale, grazie ad un finanziamento proveniente dalla provincia con Assessore alle Finanze Nicola Giacalone, peraltro mazarese e amministratore di cantieri navali. In quel frangente, venne messo sul tavolo uno studio della Capitaneria di Porto, che identificava la “Colmata B” come base per un progetto di “darsena commerciale-cantieristica”, il quale prevedeva la costruzione di un nuovo bacino portuale per un costo che si aggirava intorno ai 100 miliardi delle vecchie lire. Il lavoro, tanto per cambiare, non proseguì. Nel 2012, il Comune, con Nicola Cristaldi Ufficiale di Governo, (il quale nutre tra l’altro un buon rapporto di amicizia con lo stesso Giacalone) rimise mano allo scarico dei fanghi in colmata, ma a quel punto, l’intervento dei Carabinieri stoppò le velleità comunali e sequestrò l’area.
La rabbia del Comune e di Giacalone venne espressa a mezzo stampa. Su un articolo pubblicato su La Frontiera (Anno XXIII, n.1) edizione del 30 giugno 2012, periodico di cui proprio Cristaldi è editore, Giacalone si scagliò contro gli ambientalisti, denunciandoli di “operare solo per il gusto di compiere azioni disfattiste infischiandosene di quello che è il futuro della città”.
Ma perché un sindaco che non avrebbe responsabilità alcuna sulla questione e un ex assessore provinciale e amministratore di cantiere navale, si scaldano così tanto davanti il divieto posto dal Ministero?
Forse perché il riempimento della colmata che avrebbe dato inizio ad altri progetti espansionistici portuali, avrebbe favorito economicamente qualcuno che già sognava di attingere ad una fetta della torta di quei 100 miliardi?
L’idea di ingrandire e adeguare al meglio il porto di Mazara che attualmente non è degno di tal nome, circolava dalle parti dell’Amministrazione ed un pronto intervento per far crescere l’area di sicuro tornerebbe a far risplendere la città. Solo che, a quanto pare, questa è l’ulteriore conferma che nell’Italia o forse nel mondo di oggi, niente si può fare senza rispettare le regole e veder gioire quei pochi privilegiati pronti a riempire le proprie tasche con dei gustosissimi fondi istituzionali. E la cosa peggiore è che a farne le spese è un’intera comunità fatta di uomini che vorrebbero che il mare facesse parte della vita loro e del territorio che li circonda.
Tommaso Ardagna
Ho accolto con piacere l’esordio di Sicilia Oggi nel panorama delle testate locali, e non manco di seguirlo quotidianamente, specie per quanto riguarda le vicende che interessano Mazara del Vallo. Al momento Mazara vive due grandi situazioni critiche, una riguardante la riapertura ed il futuro assetto dell’ospedale, l’altro la crisi delle attività marittime e portuali, pregiudicate, tra l’altro, da un dragaggio che, come il titolo, più o meno esattamente riporta, si attende ormai da 40 anni. In effetti, l’ultimo dragaggio di cui si ha memoria risale ai primi anni 2000, ma si trattò di ben poca cosa, in quanto i fanghi, che furono conferiti nella ‘colmata B’ ( superando, allora, l’opposizione di taluni che avevano pensato di fare dell’invaso un porto turistico: in questa città c’è sempre qualcuno che si sveglia, un mattino, e decide che le cose debbano farsi a modo suo e non secondo quanto previsto da leggi, regolamenti e piani regolatori) non furono sufficienti a colmare quel che rimase un acquitrino. E’ proprio sul dragaggio che intendo soffermarmi perché alcuni passaggi dell’appassionato pezzo a firma di Tommaso Ardagna meritano, non me ne voglia l’autore, che avrà facilmente possibilità di riscontrare quanto dico, delle precisazioni. Orbene, secondo l’autore i DM 172 e 173 sarebbero oggetto d’ ‘odio’ da parte dell’Amministrazione Comunale che attacca l’Amministrazione Regionale “colpevole solo di rispettare le regole”. Trattandosi, verosimilmente, dei Decreti Interministeriali n° 172 e 173 del 2016, con cui si è inteso facilitare l’attività di dragaggio nei porti nazionali, sarebbe forse il caso di esaminarli con maggiore attenzione per constatare come, tanto per cominciare, il n° 172 si applica solo ai siti d’interesse nazionale per la bonifica, di cui all’art. 252 del D.Lvo. n° 152 del 2006. Tra questi siti Mazara non c’è. Chi vuole può controllare sul sito dell’ISPRA, inserendo nel motore di ricerca i dati che ho fornito. Quanto al D.M. n° 173, si tratta proprio del Regolamento che disciplina le attività di dragaggio e conferimento dei detriti, avendo particolare riguardo alla possibilità di destinarli in ambienti ‘conterminati’, ossia casse o vasche di colmata a diverso grado d’impermeabilizzazione. Quindi altro che ‘odio’: la Civica Amministrazione, a mio parere, e, con essa, il Distretto produttivo della Pesca, reclama proprio, dalla Regione, la puntuale applicazione del Decreto. Quanto alle altre ricostruzioni, da quel che ricordo da notizie di stampa, l’intervento dei Carabinieri non riguardò i fanghi, ma altri materiali, tant’è che fu sequestrata una piccola area già colmata da tempo. Per quanto riguarda l’allocazione di cantieri nella ‘colmata B’ fa molto bene l’autore ad usare il condizionale esprimendosi in termini d’ipotesi: un conto è affermare un altro è dimostrare. La mia ipotesi, per esempio, è che chiunque intenda realizzare un cantiere navale si preoccupa, innanzitutto, d’individuare fondali adeguati.
Al sig. Valenziano (pseudonimo di lupo di mare a me abbastanza noto soprattutto per la sua avversione nei confronti del patrimonio naturale) voglio solo dire di leggersi meglio e tutto, Allegato tecnico compreso, il Decreto Interministeriale 173/2016, senza tralasciare il vecchio D. M. 24/1/1996 (sostituito dal 173) e soprattutto la L. 68/2015. Apparentemente non ha responsabilità sulla questione e probabilmente per questo se ne infischierà delle leggi, dei decreti, dei regolamenti, che scambierà, anzi, per burocrazia (come è stato scritto). Dato che abbiamo un conto aperto (sia esso Nino Fiorentino che Valenziano che Brontolo), non mi venga a dire che il commento non era a me rivolto.
Enzo Sciabica, mi dispiace proprio deluderla, ma non ero a lei che mi rivolgevo. Ma dato che si permette d’intervenire con affermazioni che definire gratuite è poco, la invito a prendere buona nota di quanto segue: 1) io non ho ‘conti aperti’ con nessuno; della sua affermazione contraria, ancorché poco carina nei miei confronti, poco, anzi nulla, mi cale, dal momento che i ‘conti aperti’ sono un problema solo per chi crede di averne. Io dissento totalmente da Lei su certi argomenti, parzialmente su altri, mentre su altri ancora concordo. Sarò padrone? 2) io mi sono sempre espresso, e continuerò sempre a farlo, nel senso della più scrupolosa osservanza di leggi e regolamenti: dal momento che la sua affermazione appare, oggettivamente, poco edificante nei miei confronti, sono costretto ad invitarLa ad indicare esattamente in quale occasione avrei fatto diversamente; anche se, naturalmente, pure qui poco o nulla mi cale, dal momento che, per l’appunto, mi sono sempre premurato ( e chi mi legge lo sa bene ) di porre elementi giuridici alla base dei miei argomenti, mentre non ricordo che Lei abbia fatto sempre lo stesso; 3) dal momento che Ella si firma ‘naturalista’, e non avvocato, od esercitante altra professione forense od accademica nel campo del diritto, si può astenere da inviti a rileggere meglio una qualunque disposizione, dal momento che si tratta di inviti formulati secondo la sua particolarissima visione della materia, dettata dalla sua personale passione, mentre la mia idea di ordinamento, che ho avuto occasione di coltivare in maniera più, diciamo, ‘allargata’, non può che portarmi a conclusioni diverse: che il diritto sia lo strumento per contemperare, al meglio, i diversi interessi dei consociati, particolari per definizione, lo insegnano al primo anno di Giurisprudenza. Ma non voglio farLe il torto di ritenere che Lei abbia bisogno di questa lezione gratuita. 4) Volendo, per un attimo emularla nel rinvio a commenti espressi in altra sede, dal momento che lei si firma ‘naturalista’, e non ‘dottore in geologia’, mi piace rappresentarLe che non ritengo nemmeno di dover prestare la minima attenzione ai suoi personali convincimenti in tema di ‘rischio idrogeologico”, sviluppati su questa stessa testata, nonché altrove. 5) la sua asserzione circa la mia presunta ‘avversione’ al patrimonio naturale è totalmente gratuita, destituita di fondamento ed oggettivamente poco edificante nei miei confronti. Ma anche di questa poco o nulla mi cale, dal momento che già in altra sede, per quanto Ella preferisca obliterarlo, ci siamo amabilmente intrattenuti a discettare di Tadorne o Volpoche. Che, come tutti sanno, sono lo stesso anatidae. 6) credo di non aver mai usato la parola ‘burocrazia’. Sicuramente non l’ho mai usata sull’argomento. Mi stia bene. P.S.: ho sempre sognato di essere un ‘lupo di mare’. Purtroppo non lo sono.
N. H. Valenziano, sa benissimo che sono e mi vanto di essere un vecchio ragioniere, diplomato negli anni Sessanta del secolo scorso quando ai ragionieri era consentito l’accesso all’Università solo facoltà di Economia e Commercio. Alla ragioneria ho sempre preferito, voler del fato, le Scienze Naturali per cui non ho potuto conseguire il “dottorato in geologia”, come Lei dice. Per essere naturalisti non c’è, però, bisogno di titoli particolari, ma è importante amare e studiare la natura sia attraverso i libri, sia attraverso la ricerca continua sul campo. Se mi sono permesso di accennare anche al rischio idrogeologico che incombe nelle pertinenze della foce del Mazaro, ad esclusione ad oggi della parte della cosiddetta Colmata B, è perchè per ore ed ore ho condotto le relative osservazioni sul campo. Non so se i geologi a cui Lei fa riferimento avranno perso lo stesso tempo che ho perso io (molti pensano che fare il naturalista sia anche una perdita di tempo, gente laureata che arriva a dire: “per quattro uccelli!”). Lasciamo perdere i geologi e gli ingegneri con i quali sono sempre disposto a confrontarmi sulle questioni ambientali, ma Lei perchè si è sempre sottratto ai miei inviti tutte le volte che mi sono offerto di mostrarLe e sphiegarLe le qualità biotiche ed abiotiche della cosiddetta Colmata B? Il dibattito sulla movimentazione dei fanghi degli escavi portuali, sporchi o puliti che siano, deve essere condotto sempre in maniera onesta e sincera e non come sta avvenendo a Mazara del Vallo in cui si parla, intanto, solo dei fanghi destinati nella cosiddetta Colmata B. Il resto dei fanghi, quelli che non possono andare in colmata, cioè quelli che sono stati classificati B2- C1 – C2, dove saranno smaltiti? C’è qualcuno che conosce con esattezza la destinazione? Come fa ad iniziare l’impresa che dovrà eseguire il dragaggio senza conoscere questa destinazione? O forse in assenza di controlli sarebbe finito tutto nella laguna o Colmata B, come accaduto tra il 2000 e il 2003? Valenziano, ma Lei dov’era in quel periodo?
Egregio rag. Sciabica, prima di tutto Le sono grato per i toni più sommessi appena usati. Le spirali polemiche vanno sempre a danno della ragionevolezza ed a favore dei malintesi. Venendo ai suoi dubbi, le ricordo che 1) se agli inizi degli anni 2000 i detriti da dragaggio non fossero stati versati, come da regolari procedure e disposizioni, nella colmata B, oggi non saremmo qui a parlare di uccelli. Questo non lo dico io, lo ha detto e ripetuto più volte Lei stesso in altre occasioni. O mi sbaglio? 2) Se non sono disposto a ‘confrontarmi’ su qualità ‘abiotiche e biotiche della c.d. Colmata B’ è solo perché, da amante ed appassionato della natura quale mi ritengo, non mi sono mai piaciuti né gli zoo né i bioparchi, né qualunque altro ambito artificiale ove l’uomo pretende di rinchiudere od attirare, artificiosamente, specie animali, preferendo di gran lunga le oasi veramente naturali, di cui peraltro il nostro territorio dispone ( grazie anche al suo impegno, che mi è noto e che non ho alcuna difficoltà a riconoscerLe ) in notevole misura. Ma questa è solo una delle ragioni per cui dissento fermamente da Lei sulla questione. Sulle altre mi pare che abbiamo già abbondantemente interloquito. Cordialità.
Così come il Decreto Interministeriale 173/2016 (di attuazione tra l’altro dell’Art. 109 Dlgs. 152/2006) con relativo Allegato tecnico (parte integrante) non si presta ad interpretazioni (specialmente per quanto attiene al monitoraggio e alla mappatura delle aree vulnerabili o sensibili che si trovano nel raggio di 5 M. N. dalle zone di escavazione), così non può essere messa in dubbio la prerogativa delle zone umide con acque basse d’attrarre qualsiasi specie d’uccello acquatico. Prima che la laguna di Tonnarella o Colmata B venisse chiusa, nel 2000, anche ad oriente con una scogliera che, comunque, continua a consentire l’infiltrazione di acqua marina, la sua profondità media di circa 1 m. non consentiva lo stazionamento dell’avifauna in genere (solo qualche gabbiano, cormorano, tuffetto, svasso maggiore, folaga). Nel momento in cui vi sono stati immessi i fanghi della pulizia portuale 2000 – 2003 e il livello idrico si è ridotto, lasciando affiorare, in regime di bassa marea, lame di fanghiglia frammista a sabbia c’è stata intanto l’esplosione della flora (nessuno ne parla perchè probabilmente non esercita la stessa attrazione degli uccelli ma è componente imprescindibile dell’ecosistema che, contrariamente a quanto abbia lasciato intendere l’Assessore regionale all’Ambiente, va studiato, monitorato nel suo insieme e non solo nella componente rappresentata da fratino e fraticello), quindi, l’arrivo di quasi tutte le specie di uccelli acquatici del Paleartico occidentale, a cominciare dai cosiddetti limicoli. Altro che bioparco, questa trasformazione è avvenuta senza che nessuno se ne accorgesse, se non i botanici, gli ornitologi, gli entomologi, gli zoologi in genere. La quantità di fanghi immessa, IRONIA del CASO, si è rivelata ottimale per innescare la costituzione di questa sorta di Eden. Immettervi altro fango, sporco o pulito che sia, significherebbe turbare gli equilibri ecologi ormai stabilizzati. La presenza del biotopo non blocca, comunque, gli eventuali piani o progetti che l’Amministrazione comunale ha per l’area, basta che fa le dovute “Valutazioni Ambientali”, la dovuta “Relazione paesaggistica”, che le renda pubbliche come vogliono le Leggi, che le discuta con chi ha diritto di sollevare obiezioni e poi saranno gli Organismi preposti a decidere. Dire che la laguna assomigli ad un bioparco (non è più bioparco la RNI L. Preola e Gorghi Tondi che, oltre ad essere sopraffatta dalle viti, ha fatto registrare la presenza di cigni neri, testuggini di varia provenienza, gamberi rossi della Louisiana, cinghiali, fagiani, martore?);che è “una pozzanghera”, è semplicemente provocazione che non porta da nessuna parte. Come non porta da nessuna parte lo spirito del presidente Tumbiolo quando accenna ai fratini e ai fraticelli senza che abbia mai letto la nota dell’ISPRA o la pone male anche nel corso di convegni, come quello del 13. Il presidente Tumbiolo organizza tanti convegni, organizzi pure quello in cui ci si possa confrontare sulle possibilità di sviluppo socio-economico della parte litoranea di Mazara del Vallo ad occidente della foce del Mazaro.
Lo sviluppo delle comunità, nei paesi civili, avviene sulla base di scelte consapevoli, adottate dagli organi competenti. Non per caso, ironico o meno che sia. O perché, come si dice: “A Mazara cu si susi primo la matina cumanna”.
Oggi, cioè in seguito al vertice di Rio de Janeiro, le scelte a cui allude Valenziano non possono avere un seguito senza le preventive, idonee “Valutazione Ambientali” (lo ha fatto pure capire l’Assessore regionale all’Ambiente) che debbono essere rese pubbliche. La VAS addirittura prevede, nelle fasi di stesura, la “partecipazione” di categorie di cittadini portatori d’interessi diffusi, oltre che degli “organi competenti”. Il fatto inquietante è che dalle nostre parti questi chiari indirizzi spesso rimangono confinati sulla carta. Ha poco da comandare, quindi, chi si alza prima la mattina. Chi comanda a Mazara e in città come Mazara non ha bisogno di fare mattinate per imporre le sue scelte in barba alle preventive Valutazioni Ambientali, ai democratici, civili confronti. Sbagliare capita a tutti, ma chi ha la coscienza a posto cerca di correre ai ripari. Il comandante, così come presentato da Valenziano, invece, va per la sua strada, continuando a mistificare la realtà, così come nel caso della movimentazione dei sedimenti portuali in una zona umida come la laguna di Tonnarella o Colmata B che Valenziano & C. ora definiscono, bioparco, ora pozzanghera, domani parcheggio per auto ed anche discarica, visto che tra le destinazioni, senza che il Comune si sia opposto, figura pure il “Centro stoccaggio rifiuti portuali presidiato”. Vien da dire che i comandanti alla Valenziano usano l’ambiente come collutorio. Mi dispiace, ma non posso concedere all’illustre interlocutore di cambiare continuamente carte in tavola.
Egregio Sciabica, la realtà, fattuale e giuridica della colmata B è nota, e non da ora. L’espressione ‘laguna di tonnarella’ ( chissà da chi coniata ) è invece inesatta, sia di fatto che giuridicamente. Mi dispiace, ma non posso concedere che si continui a fare confusione. Per quanto riguarda i democratici e civili confronti fra organi competenti e portatori d’interessi diffusi, personalmente ho trovato molto istruttiva la lettura dei verbali della IV commissione consiliare ambiente del Comune di Mazara, ( facilmente consultabili sul sito istituzionale ) ove si può leggere che ad un membro della Commissione Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale è stato, chissà perché, contestato ( non da parte della Commissione, che anzi lo aveva invitato in tal senso ) la facoltà di effettuare, in tale veste, un sopralluogo a Capo Feto. Un sito, com’è noto, di veramente elevato pregio ambientale, oggi carico di criticità che meriterebbe molta più attenzione. Attenzione oggi impropriamente assorbita altrove. A proposito di usi impropri dell’ambiente.
Valenziano, in altro commento relativo alla pagina: mazara-cristaldi-basta-con-le-pastoie-burocratiche-della-regione-sul-porto, pubblicata da http://www.tele8tv.com/news/32374, nel ricostruire parte della storia della laguna di Tonnarella, ho accennato alla connotazione della “zona umida”. Dato che Lei non è convinto, per non perdere tempo, Le consiglio intanto di fare una ricerca su qualsiasi vocabolario della lingua italiana, quindi, può fare intervenire tutti i tecnici di sua fiducia, ci portiamo sul posto e vedremo cosa avranno da contestarmi. Nell’occasione, carte alla mano, farò in modo di dimostraLe che anche sotto il profilo giuridico (le programmazioni comunali o della Capitaneria di Porto, tra l’altro bocciate, risalenti agli anni ’60 – ’70, vanno rifatte e sottoposte a Valutazioni), allo stato attuale, non ricorrono i presupposti per potere procedere all’opera di colmata che, tra l’altro, potrebbe esporre la parte di lungomare confinante al rischio idrogeologico, come accade in buona parte dello stesso lungonmare. Faccia intervenire sul posto i tecnici e vedremo. Se non mi dice a quali verbali fa riferimento circa il sopralluogo a Capo Feto che è stato negato (da chi?) ad un membro del CRPPN come faccio a risponderLe? Veda che io non sono abituato a cambiare le carte in tavola e non mi permetto di divulgare notizie senza prima essermi documentato correttamente. Posso sbagliare, ma nel caso non esito a correggermi nel momento in cui mi ravvedo o mi convincono.
Egr. rag. Sciabica, ritenevo che il contenuto del verbale n° 38 in data 1° aprile 2015 della IV Commissione Consiliare Ambiente le fosse noto. Specie nel passaggio, riportato a pag 2, righe 21-23, ove si asserisce che il Geologo Marino, componente dl Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale “non era autorizzato ad effettuare alcun sopralluogo”. Ora, al di là di ogni altra considerazione, dal momento che Capo Feto è un’area liberamente accessibile a chiunque, che proprio un componente del CRPPN non possa effettuarvi sopralluoghi è un’affermazione che lascia di stucco. Così come di stucco lascia altra affermazione secondo cui la palude di Capo Feto sarebbe ‘accorpata’ a quello di Margi Spanò, quando invece basta leggere il D.M. del 28 giugno 2011 per constatare come, al limite, è la palude di Margi Spanò ad essere accorpata a quella di Capo Feto, considerato che ‘Margi Spanò’ è addirittura riportata tra parentesi dopo Capo Feto. Ma capisco che da una prospettiva lilybetana le cose assumono una diversa dimensione. Ma io preferisco pensare che, trattandosi di un verbale datato 1° aprile, si tratti di uno scherzo. Venendo al resto, sono io, al limite, che non m’illudo di poterla fare convinta, per le ragioni che ho già spiegato. Ma avendo discreta contezza di quelle ‘carte’, che lei cita in maniera, a mio parere, parecchio inesatta e parziale, rimango convinto che Ella versi in errore. Come mi riservo di commentare anche sul sito di tele8. Così come rimango convinto che Ella non abbia il potere di indire alcun sopralluogo congiunto né di convocare tecnici od altri soggetti. E visto che Ella ritorna sul ‘rischio idrogeologico’, io ritorno al dirLe che la letteratura scientifica il rischio idrogeologico lo esclude. Come può vedere, mi sono documentato. Quanto a cambiare le carte in tavola, non sono io a scambiare un’area di colmata con una laguna.
Valenziano, spesso mi pento di perdere tempo con Lei. Possibile che non abbia compreso le mie chiare dichiarazioni a Verbale n. 38 dell’1/4/2015 che conservo gelosamente in cartaceo? Piuttosto che trascrivere la parte delle dichiarazioni di pag. 2 del Verbale, dal rigo 21° al 22°, trascriva pure la parte che segue in grassetto e poi Le darò tutte le spiegazioni del caso.
Egregio Sciabica, quindi si tratta di sue ‘chiare dichiarazioni’? Messe a verbale, atto di cui Ella conserva gelosamente una copia cartacea? Mi sorprende che non abbia compreso subito a cosa mi riferissi nel mio precedente commento. Ma non è importante. Solo mi spiace di non poter soddisfare il suo desiderio di trascrivere ‘la parte che segue in grassetto’, dal momento che nell’esemplare in mio possesso ( scaricato da internet dal sito istituzionale del Comune ) non risulta alcuna parte in grassetto, eccezion fatta per l’intestazione della IV Commissione, la frase ‘Approvazione del verbale della seduta precedente, e l’elenco dei membri della Commissione. Che, peraltro, precedono e non seguono. Ma se lei vorrà renderci edotti del suo personale parere al riguardo, noi siamo qua.
Se le cose stanno come dice Valenziano (avrebbe comunque fatto bene ad essere più prudente o a chiedermi spiegazioni senza preconcetti) ecco i passaggi del Verbale che mi sono stati contestati: “Il Sig. Sciabica informa la Commissione che se il passaggio da “Oasi” a “Riserva” non è accompagnato da un progetto non può essere preso in considerazione. Inoltre, ribadisce che il Geologo nella qualità di membro del CRPPN non era autorizzato ad effettuare alcun sopralluogo. L’APPUNTO, A DETTA DELLO STESSO SCIABICA, NON SAREBBE STATO SOLLEVATO SE IL GEOLOGO SI FOSSE PRESENTATO COME MEMBRO O TESSERATO DEL WWWF QUALE E'” (parte in corsivo). Nell’Omissis seguente, per essere sicuro e stare in pace con la coscienza (sono fatto così), ho incalzato la Sig.ra Presidente della Commissione che, a Verbale, ha ribadito: “Il geologo ha accompagnato la Commissione nel sopralluogo in qualità di membro del CRPPN e non era compito della Commissione verificare se era autorizzato”. Ammesso, ma non concesso che non era compito della Commissione…….. dal Verbale emerge inequivocabilmente che il sopralluogo c’è stato, senza che io lo abbia impedito e senza che vi abbia potuto partecipare, a differenza del rappresentante del WWF che ha usato il Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale – CRPPN (Organo istituzionale consultivo dell’Assessore regionale all’Ambiente, non manda tra l’altro in giro membri senza motivo e senza autorizzazione), mi sia consentito il paragone, come Cavallo di Troia. Lasciamo perdere il resto dato che sono stato il primo a sollevare la confusione (probabilmente creata a bella posta per motivi che ipotizzo) che regna tra Capo Feto e Margi Spanò, ma se un alto ufficiale della Marina Militare va in crociera, per suo esclusivo godimento personale, si presenta come turista a chi l’accoglie o dice di essere in missione per conto del Ministero dal quale dipende? Vorrei che Valenziano mi rispondesse, come vorrei che chiarisse meglio (lui che sa tutto e dice di conoscere la storia) la questione dei cento miliardi di euro delle vecchie lire a cui questa pagina di Giornale fa riferimento. Grazie.
Egregio Sciabica, la storia della torta dei 100 miliardi ed i relativi ‘sogni’ ‘forse’ covati da qualcuno dovrebbe essere approfondita dal giornalista che, presumo per mancanza di tempo, si è limitato a porre delle domande facendo collegamenti tra articoli di stampa, nominativi, incarichi, tirando conclusioni che, in mancanza di riscontri lasciano il tempo che trovano. In ogni caso, le mie conoscenze si limitano a quanto atti normativi in generale ed amministrativi in particolare hanno disposto in merito alla porzione di territorio che ci appassiona. Atti che, ribadisco, confermano la mia visione e smentiscono la sua. Non me ne voglia, non è né colpa ( dalla sua prospettiva ) né merito ( da altra più generale visuale ) mio. In altri termini, per quanto a Lei piaccia personalizzare la vicenda, io continuerò a limitarmi a far parlare gli atti. Come, per esempio, il verbale della IV Commissione Consiliare Ambiente n° 20 del 24 Settembre 2014 ( probabilmente a Lei sfuggito ) ove si legge che il dr. geol. Marino non si ‘presentò’, ma venne invitato dalla Commissione a relazionare su Capo Feto, e proprio in virtù della carica ricoperta di consigliere regionale per la protezione del patrimonio naturale, non da ‘turista’. In ogni caso, io non ho mai scritto che Ella avrebbe voluto ‘impedire’ al suddetto un sopralluogo a Capo Feto, solo che ne ha contestato l’intervento nella qualità. Cosa che lei conferma, andando per altro oltre ( e poi dovrei essere io ad essere cauto?) asserendo: “il sopralluogo c’è stato, senza che io abbia potuto partecipare ….a differenza del rappresentante del WWF che ha usato il CRPPN….come cavallo di Troia”. Sono parole sue, egregio Sciabica? Ora, io vorrei capire dove sta il problema, posto che: 1) la IV Commissione Ambiente del Comune di Mazara dimostra di avere molto a cuore la situazione di Capo Feto, pregevole area naturale classificata SIC-ZPS e zona RAMSAR, già oggetto di notevoli investimenti pubblici nell’ambito del progetto life natura 2000 ( c’era ancora la lira, ma non ricordo quanti miliardi del vecchio conio vennero spesi, pardon, investiti allora ) ma ultimamente trascurata; 2) volendo adeguatamente istruire la pratica, ha ritenuto, lodevolmente, opportuno invitare un soggetto, che, per la carica ricoperta, e, ritengo, forse anche per il fatto di essere mazarese ( non sono molti i mazaresi investiti di cariche od incarichi a livello regionale ) si aveva tutto il diritto a ritenere un esperto della materia e di Capo Feto in particolare. 3) il dr. Marino è intervenuto, ha compiutamente relazionato ( dimostrando di essere un esperto oltre che di risultare tale ) partecipando pure ad un sopralluogo, probabilmente tenutosi nel successivo mese di Ottobre, quindi prima che Lei si facesse vivo. Fossi stato io il Presidente forse avrei ritenuto compiuta la disamina. Ma dai verbali successivi si evince che la Commissione, avendo, successivamente, ricevuto una sua missiva sull’argomento, ha acconsentito ( ben lieta!) ad invitare pure Lei per farle esporre le sue idee, nonostante si presentasse solo come esponente di una privata associazione.. Quindi ripeto, dove sta il problema? Non sono io a contestarle il verbale del 1° aprile 2015..lei lo ha riportato per esteso e non mi pare che se ne ricavino smentite, anzi . Mi scusi, ma continuo a non capire dove era, quel giorno, il problema…. Cavallo di Troia? WWF? Mumble mumble…
A buon intenditore poche parole, ma Lei, Valenziano, dimostra di non esserlo in materia di funzionamento del CRPPN (cosa che ho accennato, legga bene, il CRPPN senza l’autorizzazione non manda in giro un cane sciolto) e di tutela del patrimonio naturale. Continui ad interessarsi di porti e dei cento miliardi delle vecchie lire che dopo 17anni saranno lievitati. Ad oggi, però, la Regione ha detto di no ai suoi programmi megagalattici (se non erro definizione di un Consigliere comunale nel corso della seduta del 12/5/2011) e oggi, a differenza del 2000 (epoca in cui l’assessore provinciale alle finanze, nella qualità di operatore portuale mazarese, favorì l’odierno ecosistema lagunare), c’è la bellissima Legge 68/2015.
Egregio Sciabica, a lei risulta che il dr. Marino sia stato richiamato dal CRPPN per aver accettato, nella qualità, l’invito della IV Commissione consiliare? A me no. Per il resto io mi interesso, molto genericamente, del territorio e del bene della mia città. Che oggi soffre, e parecchio. Ma su questo si è espresso molto meglio il dr. Tumbiolo. Quanto ai miliardi li ho sempre considerati un problema. Ma quelli cui si riferisce lei esistono, finora, solo nella fantasia dell’autore del pezzo che commentiamo. Di consiglieri comunali ne ho conosciuti tanti e di loro dichiarazioni ne ho pure lette tante. Ognuno la pensa a modo suo. Prendo atto che nel Consiglio Comunale del 2011, oggi decaduto a seguito di nuove elezioni, c’era uno ( su 40 ) che la pensava così. Quanto alla bellissima legge 68/2015 che ella continua a sbandierare manco fosse la spada laser di Star Wars, come tutte le leggi, bisogna saperla leggere Per come la interpreta lei, oggi non si sarebbe nemmeno potuto bonificare il pantano Leone. Nè ‘favorire l’odierno eco-sistema’ . Rimane sempre da spiegare perché la stessa identica operazione che nel 2000 ‘favorì l’odierno ecosistema’ ( sono parole sue ) oggi lo danneggerebbe. Forse nel 2000 non l’avrebbe trovata così ‘bellissima’, quella legge.
Perchè oggi un ulteriore scarico di fanghi danneggerebbe l’ecosistema? Semplice, la quantità immessa nel 2000, ironia del caso, si è rivelata ottimale, oggi, lo dico in siciliano, visto che Valenziano capisce a modo suo: “lu suverchiu rumpissi lu cuperchiu”. Il CRPPN era stato abolito e in previsioni delle prossime elezioni regionali, proprio di recente, l’hanno riesumato. Nel corso di una discussione con un ex dirigente generale ARTA abbiamo concordato che era essenzialmente un organismo che faceva da “controllato e controllore”, spesso in conflitto d’interessi
‘Il danneggiamento dell’eco-sistema” è il medesimo argomento che usarono coloro che si opposero alla colmata nel 2000 perché, in barba alle previsione del PRP, volevano farci un porticciolo turistico. Non le avevo chiesto cosa ne pensasse del CRPPN. Ma è interessante saperlo.
Il porticciolo turistico era previsto anche nel PRP, ma fu bocciato, nel 1991, anche quello. Cosa ne penso del CRPPN lo sanno tutti i naturalisti e ambientalisti che mi conoscono. Sul conto del CRPPN ho riempito o ho fatto riempire pagine di Giornali, Corriere della Sera compreso, che, a costo zero, mi hanno messo a disposizione lo spazio necessario. Per tutti gli articoli segnalo quello che mi viene per primo tra le mani, da “L’Opinione”, Anno X n. 27 del 28/12/2008, Rubrica “Ambiente e Società”, da me curata: “Riforma del sistema di gestione delle aree protette siciliane”. In quel pezzo è, tra l’altro scritto:”Le Associazioni ambientaliste non rappresentate nel CRPPN sono, infatti, escluse da tutto a cominciare proprio dalla gestione delle riserve anche se la legge prevede diversamente. Questa vera disfunzione che ha favorito la crescita esclusiva di quattro o cinque Associazioni (l’incetta di tessere avviene tra l’altro durante la festa delle loro oasi) non è sfuggita all’attenzione dell’attuale Presidente dell’ARS che, nella veste di Assessore all’ambiente ha tentato di porvi rimedio… . Le elezioni regionali del 2006, il cambio dell’Assessore con un altro schierato, cioè nell’organico di una ben determinata Associazione ambientalista, compresa nel CRPPN, hanno ridicolizzato e, quindi, archiviato quell’esperimento (il primo concorso pubblico per l’affidamento delle aree naturali protette).Tutto, pertanto, è ritornato come prima, ovvero con la scelta dei gestori che sembra una sorta di “giostra di clientele e simpatie” (come da Giornale di Sicilia del 25/5/2006), “in cui gira e gira a vincere son sempre gli stessi. A decidere chi deve gestire cosa, partecipa, anche se formalmente solo con funzione consultiva, il Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale (CRPPN), in cui siedono proprio i rappresentanti dei soggetti ai quali viene assegnata la gestione delle riserve” (come da Corriere della Sera del 30/6/2008). L’ex Capo di Gabinetto del Ministro Altero Mattioli, il prof. Paolo Togni, debitamente informato, tuonò che tutte le Associazioni ambientaliste riconosciute hanno il diritto di stare (magari a turno) nel CRPPN. In Sicilia non è così anche se si è tentato di riformare la relativa legge regionale. I politici della cosiddetta sinistra esercitano, però, un certo controllo sulle più rappresentative associazioni ambientaliste e così escono fuori Disegni di Legge, vedi quello con primo firmatario Davide Faraone (quando era Consigliere regionale, Mancuso ed altri), vedi il DDL 192 di qualche anno addietro, voluto dal Presidente Crocetta (oltre 100 articoli che in parte ho contestato per iscritto) che non migliorano la situazione che rimane ferma al 2008. In quell’anno di grossi fermenti e di speranze, il Dirigente generale dell’ARTA, architetto Pietro Tolomeo e il Capo del Servizio 6 (Protezione del patrimonio naturale), dott. Salvatore Di Martino, probabilmente per incitare al cambiamento, rilasciarono interviste al Quotidiano di Sicilia (giornalista Silvia Bisagna, pag. 9 dell’ 1/2/2008) in cui dichiararono: “Su 83 riserve, ben 31 sono gestite da associazioni ambientaliste quali LIPU, Legambiente e WWF. I controlli che si basano sull’attuazione della legge 98/1981, aggiornata e in parte modificata dalla 14/88, in effetti si eseguono visionando e analizzando i rapporti annuali….dei vari enti gestori sulle singole riserve e CONTINUIAMO TRANQUiLLAMENTE COSI’……L’unico dato certo e assolutamente significativo – aggiunge Di Martino – resta la mancanza di vigilanza da parte di tutti gli Enti. Nella nostra terra è necessario vigilare con la presenza fisica:nei posti civili basta un cartello…..Il tentativo di dare dei voti non è quindi ancora riuscito, nonostante, secondo Tolomeo, tra gli Enti gestori spicchi il CAI, per la VOLONTA’ DI SEPARARE LA GESTIONE AMMINISTRATIVA DALLA POLITICA ATTIVA, OPERAZIONE NELLA QUALE LE ALTRE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE NON RIESCONO….”.Valenziano, meglio interessarsi di porti o no?
Per come la vedo io, la gestione di qualunque porzione di territorio nazionale dovrebbe essere gestita da Organi od Enti pubblici, investiti di pubblici poteri. Ossia o da funzionari che abbiano superato un regolare concorso di selezione o da rappresentanti regolarmente eletti dal popolo. Mai da privati, né in forma singola, né associata. Ma dato che il legislatore ha deciso diversamente, mi pare logico e ‘naturale’ che queste funzioni siano, quantomeno, affidate alle associazioni più rappresentative, preferibilmente a dimensione nazionale, proprio per evitare che vengano attribuiti ‘de facto’, poteri di veto a gruppuscoli, magari di formati solo da 2 o 3 persone, e costituiti per l’occasione. Ovviamente parlo in generale, solo per venire al suo discorso, dato che qui non c’è in ballo alcuna riserva naturale.