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Davide Santacolomba, il pianista con la musica nell’anima

Davide Santacolomba è un pianista di 30 anni, originario di Palermo, che raggiunge la sua notorietà quando partecipa al programma televisivo “Tu si que vales” conquistando il terzo posto. All’età di otto anni inizia ad avere problemi uditivi che nonostante tutto non gli fanno perde la forza di lottare per raggiungere i propri sogni. Inizia a studiare pianoforte e si diploma al Conservatorio con il massimo dei voti. Diventa sempre più bravo fino a lasciare a bocca aperta chi lo ascolta. Nei momenti più difficili della sua vita, quando pensa di non farcela e di abbandonare la musica, i suoi genitori sono sempre pronti a sostenerlo. Dopo il diploma continua a studiare con l’insegnante Anna Kravtchenko al Conservatorrio di Lugano in Svizzera che lo sceglie tra i cento partecipanti all’esame di ammissione per un solo posto all’interno della classe. Anna Kravtchenko è una pianista famosa ucraina che a 16 anni ha vinto il prestigioso concorso pianistico internazionale “Ferruccio Busoni”.
Kravtchenko è stata la prima pianista ad aver vinto così giovane una competizione importante aperta a pianisti di tutto il mondo. Davide qualche anno fa, si sottopone a un intervento cocleare che gli ha permesso di migliorare la qualità della sua vita. Il giovane pianista sogna di suonare in giro per il mondo e di fare della sua passione la sua professione. Il messaggio più forte che Davide Santacolomba vuole dare a tutte quelle persone che credono di non potercela fare perché sono affetti da patologie di ogni genere è che se davvero si vuole vivere una vita normale, serena e tranquilla, anche convivendo con patologie si può fare. Bisogna crederci sempre e non mollare mai. Abbiamo intervistato il pianista palermitano che ci ha raccontato la sua storia.
La sua passione per la musica quando è nata?
«La mia passione per la musica è nata a 8 anni quando i miei genitori mi hanno portato a fare gli esami di accertamento della mia patologia uditiva riscontrata a Palermo, all’ospedale Niguarda di Milano. Mi hanno riscontrato una “ipoacusia neurosensoriale bilaterale grave”, una sordità profonda in poche parole. In quei giorni alloggiavamo da un’amica di famiglia che aveva un pianoforte. Era la prima volta che vedevo questo strumento. La signora ad un certo punto ha deciso di suonare una canzoncina che conoscono tutti i bambini: “Frà Martino campanaro”. L’ha suonata nel registro dei suoni bassi che io potevo sentire. Dopo che ha finito di suonare è ritornata a parlare con i miei genitori. Io di nascosto ho provato a riprodurre ad orecchio ma senza orecchio tra virgolette, la stessa canzoncina che avevo sentito. Dopo due minuti sono riuscito a trovare tutte le note. Ho chiamato mia madre e le ho detto che le volevo fare sentire una cosa. Quando ho riprodotto le note sono rimasti tutti stupiti da questa mia predisposizione naturale».
Fino a dove ci possono fare arrivare i nostri limiti?
«Se guardate me, io ho oltrepassato i miei limiti. Avere la consapevolezza di avere dei limiti ti da la forza di migliorarti sempre di più. È una sorta di sfida, un punto di riferimento per continuare a migliorarti. Averceli è anche un vantaggio».
Dopo la sua partecipazione al programma televisivo “Tu Si Que Vales” è cambiato qualcosa a livello lavorativo?
«Si, mi sono arrivate un pò di proposte di concerti in giro per l’Italia e di questo sono contentissimo. Il mio onorario è aumentato grazie anche alla visibilità di questo programma».
A un certo punto ha deciso di fare l’impianto cocleare. Quanto è migliorata la sua vita dopo questo intervento?
«La qualità della mia vita è migliorata parecchio. Adesso sento i suoni. Mi sento più sicuro. Se passa una macchina la sento. Se c’è il rumore degli uccellini in condizioni silenti dove non ci sono rumori di fondo io li sento. Sento anche il rumore della pioggia, il sussurro delle persone che prima non sentivo e tanto altro. Sono cose che ti fanno cambiare la percezione della vita perché ti accorgi di avere delle presenze che prima non c’erano. Oggi senza impianto non riuscirei a vivere».
Perché molte persone non sono a conoscenza dell’Impianto Cocleare? Quali interessi ci sono per non pubblicizzarlo?
«La maggioranza delle persone non conoscono l’impianto cocleare. Purtroppo, in Italia, ci sono situazioni assurde. Le associazioni dei sordi o meglio quelle del linguaggio dei segni fanno la guerra all’impianto cocleare perché riconoscono che oggigiorno è l’unica soluzione alla sordità. Se l’impianto viene fatto quando si è ancora bambini, ad esempio a un anno, il bambino può recuperare l’udito al cento per cento, sentendoci in maniera normale. Queste associazioni fanno disinformazione. Dicono che l’impianto non è una cura. Se venisse pubblicizzato loro non lavorerebbero più perché non ci sarebbero più sordi».
Come si fa a suonare senza sentire e soprattutto a suonare in maniera divina come fa lei?
«Non penso di essere un pianista divino. Il mio metodo di studio è stato folle. In poche parole, tutto quello che devo studiare nel registro dei suoni acuti lo studio nel registro dei suoni gravi, e poi, attraverso un processo di logica consequenziale, cerco di immaginare i suoni nel registro acuto. Questo processo di immaginazione e trasposizione non avviene mai in maniera scontata. Immaginate quante ore di studio per riuscire sempre di più a immaginarmi questi suoni nel registro acuto. Anche durante le performance l’immaginazione non sempre c’era ma io continuavo a suonare per memoria cinetica. La musica non è fatta soltanto di suoni. Se si ripete tantissime volte un passaggio, poi le mani automaticamente memorizzano quel meccanismo e sanno che cosa fare. Hanno un cervello a sé stante. Il tocco lo studiavo anche nel registro grave, immaginandomelo sempre nel registro acuto. Attraverso questo processo di automatismi riuscivo a suonare».
Pensa di essere un grande esempio per tutte quelle persone che non hanno provato a realizzare i propri sogni perché credevano di non farcela?
«Si penso di esserlo e ne vado orgoglioso».
Una volta lei ha detto che se uno crede in qualcosa non esistono limiti. È davvero così?
«Bisogna perseverare e avere sempre qualcuno che ci incoraggi. I miei genitori lo hanno sempre fatto. Nella mia vita ho avuto tanti momenti di sconforto. A volte quando avrei voluto abbandonare la musica, i miei genitori erano sempre pronti a confortarmi e a incoraggiarmi per non farmi arrendere. C’era sempre un feedback esterno positivo che mi dava sicurezza e consapevolezza di essere un bravo musicista e di fare della musica la mia professione. Ad ogni mio sconforto la gente rispondeva sempre in maniera positiva, facendomi andare sempre avanti».
Ha paura delle sfide?
«Certo. Bisogna sempre mettersi in gioco».
Quali sono i suoi sogni?
«Far diventare la mia passione la mia professione».
C’è un amore nella sua vita?
«L’amore per la mia famiglia e il pianoforte. Sul versante sentimentale dobbiamo lavorare parecchio. Non c’è nessuno. C’è stato, ma purtroppo è andato via».
A chi deve tutto il suo successo?
«Ai miei genitori. Senza di loro non sarei mai potuto arrivare dove sono arrivato».
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Sto frequentando il mio secondo master a Lugano, nel conservatorio della Svizzera italiana, in “Music Performance” con Anna Kravtchenko, una pianista famosa ucraina che a 16 anni ha vinto il prestigioso concorso pianistico internazionale “Ferruccio Busoni”. Lei mi sta aiutando tantissimo a crescere artisticamente. Il 26 e il 27 gennaio, mi esibirò in due Show di Beppe Grillo che si terranno a Cesena e a Mestre».

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