venerdì, Aprile 19, 2024
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“Marsala, bullismo: analisi di una fenomenologia sociale in continua ascesa”

«La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice» disse Benedetto Croce. Marsala è un piccolo angolo di paradiso che punta i propri occhi sul mare che graffia gli scogli: ma è tutto oro ciò che luccica? Sembra proprio di no. Negli ultimi anni è stato possibile osservare il netto contrasto tra due facce della stessa medaglia: c’è il lato storico, caratterizzato dal buon vino che quotidianamente macchia il palato dei tanti turisti armati di berrettino, pantaloncino corto e occhiali da sole, intenti ad osservare le mille sfumature di un centro storico che trasuda con orgoglio il proprio passato, indelebile sulle pietre scoscese di antichi palazzi e piazze. L’epidermide inferiore, invece, nasconde l’altra faccia della medaglia, spesso poco nota a quei cittadini che si ostinano a non voler guardare oltre il proprio naso e che non accettano l’esistenza di un substrato –non assolutistico- in cui la violenza, il degrado e il bullismo rappresentano la forma concreta di comunicazione che prevarica il senso etico e morale.  «Si prova una vergogna tremenda ad essere vittima di bullismo, perché ad un certo punto cominci a pensare che ci sia un motivo per cui sei stato preso di mira» disse il regista e produttore statunitense Matt Reves. Chissà come si sarà sentito quel ragazzo di 14 anni -vittima di bullismo- che la sera del 6 gennaio scorso, nei pressi del Palazzo Grattacielo, in Via Giacomo Curatolo Taddei, in pieno centro storico è stato deriso, picchiato e filmato con il cellulare dai suoi coetanei. Un branco di lupi che ha accerchia la preda nell’indifferenza e nelle risate dei gregari che, per non sentirsi fuori dal coro e per rimanere nella parte del più forte, hanno taciuto dinnanzi ad un’azione eticamente e moralmente sbagliata quale l’ingiustificata violenza nei confronti di un coetaneo. Proprio come accade nel mondo animale, il maschio dominante mostra la sua leadership all’interno del branco attraverso azioni dimostrative contro quei soggetti incapaci di reagire poiché già assoggettati da forme di coercizione psicologica prima che fisica. E proprio come una vera e propria battuta di caccia nella foresta, i gregari attendono in silenzio che il maschio dominante sconfigga la sua preda e inviti la prole a consumare il ricco pasto. Ma ovviamente non stiamo parlando di un documentario di National Geographic dedicato al leone che caccia lo Gnu in Africa: stiamo raccontando Marsala, una piccola cittadina di provincia in balia della fauna urbana che detta le sue spietate regole non scritte esattamente come avviene nel mondo animale, ma non stiamo certamente parlando di animali selvatici ma di un gruppo di ragazzini di un’età compresa tra i 13 e i 15 anni.

La giovane vittima è stata prima minacciata, poi accerchiata, immobilizzata e infine picchiata ripetutamente da coetanei che hanno voluto imporre le leggi non scritte del branco. I gregari, gli amici o presunti tali, erano seduti sugli spalti ad osservare la scena di un triste spettacolo, filmandola col telefonino in sommesso silenzio per darla in pasto alla rete, mentre da lontano echeggiavano risate e inviti a mantenere a stare tutti zitti: nessuno di loro è intervenuto concretamente per sedare quell’inutile e insensata rissa, nessuno di loro ha salvato la vittima scelta quella sera dal bullo. Perché? Per paura forse? Per evitare di essere poi rifiutati dal quel gruppo? Il video mostra come, dopo il pestaggio, il gruppo si dirige in direzione dei due -tra una risata e l’altra- e mentre ipocritamente insorge l’interesse nei riguardi della vittima, qualcuno chiede al bullo di fermarsi. Qualcuno ferma il bullo, lasciando la vittima in balia dei suoi dolori fisici e psichici come conseguenza diretta di una lite priva di senso alcuno. Nessuno gli chiede come sta o se necessita di aiuto. La Dott.ssa Mary Petrilo, criminologa, Coordinatrice del Crime Analysts Team, Docente Master Univ. Niccolò Cusano, definisce il bullismo come «un fenomeno dalla prevaricazione fisica e psicologica tra pari in un gruppo e le prevaricazioni si distinguono tra dirette e indirette». Ritiene inoltre che «alla base del comportamento di un bullo c’è il desiderio di dominio sul prossimo e l’abuso di potere. I protagonisti sono: le vittime, che subiscono la violenza, gli spettatori che non prendono parte attiva durante la violenza assistendo in silenzio. Sono diverse le sottocategorie individuabili, come il bullo prevaricatore, il bullo gregario e la vittima che nella maggior parte dei casi non è parte attiva ed è sottomessa. Gli spettatori, invece, possono favorire o frenare il fenomeno». L’episodio non ha certamente lasciato indifferente l’opinione pubblica né tantomeno le forze dell’ordine che hanno avviato indagini sin dal primo giorno e grazie all’acquisizione del filmato è stato possibile identificare il responsabile e denunciarlo per percosse e minacce aggravate. Sono stati individuati e denunciati per concorso nel reato di percosse anche gli altri due membri della banda. Gli inquirenti hanno ascoltato anche tutti gli altri ragazzini presenti durante il pestaggio, con il supporto di un legale rappresentante e dei genitori.

Il 7 ottobre scorso, anche Fulvio – cittadino marsalese di 18 anni – è stato vittima di un altro episodio di bullismo in pieno centro storico. Ci racconta che «un sabato sera, io e i miei amici eravamo nell’androne del palazzo in cui uno di questi ultimi abita. All’improvviso, prima di uscire, una decina di ragazzini sui 12/13 anni si presentò al di fuori del portone ed iniziò ad arrecare offese senza alcun motivo valido, usando termini scurrili e soprattutto minacce di litigi e attacchi fisici. All’inizio pensammo che si trattasse solo di uno stupido scherzo, ma dopo alcuni minuti uno di loro, il “capo”, prese seriamente la situazione palesando le sue cattive intenzioni. Nel frattempo alcuni di loro lo inneggiavano dimostrando la loro superiorità (numerica più che altro). L’unica cosa che ci difendeva dalle fauci di quegli adolescenti fu quella porta di ingresso. Dopo che passò circa una ventina di minuti, contattai i carabinieri affinché potessimo uscire di casa senza alcun rischio. I ragazzini, alla vista delle forze dell’ordine, arrivate in maniera alquanto tempestiva, se la sono svignata. Ovviamente gli agenti non hanno potuto intervenire, ma la cosa importante era che fossimo usciti senza il rischio di ulteriori abusi».

Angelo Barraco

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