mercoledì, Aprile 24, 2024
HomeNewsInaugurazione dell'anno giudiziario

Inaugurazione dell’anno giudiziario

Discorso del Presidente del COA Palermo, Avv.  Dario Greco.

Sig. Presidente, Dott. Matteo Frasca,

Sig. Procuratore Generale, Dott. Lia Sava,

Sig. Vice-Presidente del CSM, avv. Fabio Pinelli

Sig. Delegato del Ministro della Giustizia, dott. Giusi Bartolozzi

Autorità civili e militari,

Signore e Signori Avvocati,

Signore e Signori Magistrati,

prima di iniziare il mio intervento, anche a nome dei rappresentanti dell’Ordine di Agrigento pres. Gaziano, di Marsala Pres. Spada, di Sciacca Pres. Livio, di Trapani Pres. Longo e di Termini Imerese Pres. Muffoletto, e di tutta l’Avvocatura del nostro Distretto, vorrei rinnovare un sentito ringraziamento alla Procura della Repubblica di Palermo, all’Arma dei Carabinieri e a tutte le Forze dell’Ordine per l’incessante lavoro di contrasto alla criminalità organizzata e per l’affermazione della legalità nella nostra terra. Il primo atto formale, ma non solo formale, successivo al mio insediamento quale presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, è stato quello di inviare una nota di ringraziamento al Procuratore della Repubblica Dott. De Lucia, pregandolo di estendere il ringraziamento al Procuratore Aggiunto dott. Guido, e al Comandante della Legione Sicilia dell’Arma dei Carabinieri, per l’importantissimo risultato investigativo conseguito con l’arresto del latitante messina denaro.

Nel 2022 abbiamo celebrato il trentennale della stragi di Capaci e di via D’Amelio e nel 2023 cadrà il trentennale delle stragi di Firenze, Milano e Roma. Tali eventi criminosi, se da un canto sono stati tra i momenti più bui della Repubblica, dall’altro canto hanno dato impulso a quella rivoluzione delle coscienze che ha consentito al popolo siciliano di rivendicare a gran voce il riscatto da tutte le mafie. Oggi, nei nostri albi e registri riceviamo le iscrizioni di chi è nato dopo il 1992 ed il 1993; ma il ricordo dei martiri della democrazia e della legalità del nostro Paese resta un patrimonio comune di tutti.

V’è l’auspicio che, con l’anno che si è appena concluso, si possa finalmente ritenere superata l’emergenza pandemica e che si possa tornare alla normalità. Ma voglio dare atto a nome dell’Avvocatura dell’ottima sinergia che si è rafforzata con tutti i Capi degli Uffici Giudiziari del Distretto, che ha consentito di tenere aperti i nostri Tribunali e di continuare a svolgere l’attività giudiziaria, pur nella straordinarietà della situazione. Molti problemi, direi quasi tutti, sono stati affrontati con lo spirito di leale collaborazione tra Magistrati e Avvocati. Molto spesso è stata sufficiente una semplice telefonata o un incontro informale per risolvere le quotidiane criticità. Non voglio per questo trascurare anche un plauso al personale amministrativo del nostro Distretto, a cui rivolgo il saluto dell’Avvocatura, e che molto spesso, pur con carenza di risorse, si è sobbarcato l’onere di garantire il corretto funzionamento delle strutture giudiziarie.

RIFORME CARTABIA

Il 2023 si apre con 2 importanti riforme processuali, che dovrebbero contribuire al raggiungimento dell’importante obiettivo per il contenzioso civile della riduzione, rispetto ai dati rilevati al 31.12.2019, del 40% dei tempi di trattazione delle cause e del 90% dei procedimenti pendenti da oltre 3 anni in primo grado e 2 anni in secondo; per quanto attiene al contenzioso penale, si mira alla riduzione del 25% del disposition time, sempre rispetto al 2019. Prima di addentrarmi in poche riflessioni riguardanti gli interventi sui codici di rito, vorrei citare brevemente l’illustre studioso del processo civile, il prof. Andrea Proto Pisani, secondo cui, con riguardo al civile, “la riforma sarà incapace di incidere sui punti che l’Unione Europea ci chiedeva, anche perché, in taluni casi, essa risolve problemi estranei alle esigenze del P.N.R.R. e in modo che ritengo non condivisibile” Ed ancora che “Innanzitutto, è da condividere la diffusa opinione secondo cui i veri problemi della grave crisi in atto non sono teorico-normativi ma ordinamentali e organizzativi”. D’altra parte nella Commissione Luiso, che ha redatto la riforma, la presenza di coloro che quotidianamente frequentano le aule di giustizia, ma anche e soprattutto i corridoi dei Tribunali, era del tutto sparuta. Speriamo che il nuovo Dicastero abbia finalmente chiaro che nessuna riforma può essere immaginata e attuata senza il coinvolgimento attivo dell’Avvocatura. Ed a tal fine accogliamo con favore le parole del Ministro della Giustizia all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario in Cassazione, circa la volontà coinvolgere tutte le componenti del panorama giustizia.

Ma la riforma Cartabia non ha certamente risolto un atavico problema della Giurisdizione. Per come ribadito l’altro ieri dal Primo presidente della Cassazione dott. Curzio nella sua relazione, oggi in Italia vi è una carenza nell’organico della Magistratura togata di ben 1.464 magistrati, pari al 13,87% della dotazione teorica. Nel nostro Distretto la carenza complessiva è pari al 12,29% e con riguardo alla Magistratura requirente del 17,69% (fonte: www.csm.it). Secondo il censimento effettuato dal CSM al 30/4/2021 i Magistrati fuori ruolo in Italia ammontavano a 299 (fonte: https://www.questionegiustizia.it/articolo/contro- la-demonizzazione-dei-magistrati-fuori-ruolo). Nei fatti si tratta di sottrarre alla Giurisdizione la dotazione organica di 4 Distretti di Corte di Appello di medie dimensioni, come Palermo, Catania, Bari e Bologna. So bene che la materia dei collocamenti fuori ruolo dei Magistrati è un argomento molto delicato, su cui nel tempo, l’ANM e autorevoli Capi di Uffici Giudiziari hanno assunto nette posizioni a favore. E conosciamo anche bene le riflessioni sui tempi e sulle selezioni dei concorsi in Magistratura, dove i vincitori sono sempre di numero inferiore ai posti messi a concorso, perché pare che i candidati non sappiano scrivere in italiano. Forse sarebbe stato il caso di ammodernare le modalità di svolgimento delle prove, ferme alla redazione di 3 temi teorici scritti a penna. Davvero la buona calligrafia, la piena conoscenza dell’ortografia e della divisione in sillabe (senza il correttore ortografico), l’accurata conoscenza di un astratto argomento giuridico possono ancora oggi garantire la selezione di un buon Magistrato.

E sempre a proposito delle carenze d’organico, ancora più grave è quella della Magistratura Onoraria, cui rivolgo un saluto e che nel nostro Paese registra una carenza di organico del 35% circa (fonte: http://appinter.csm.it/situffgiud/situffgiud.dll/EXEC/0/78CE3A03B2D111690BF3E5 40?A&B). Senza la Magistratura onoraria, indecorosamente precaria e sotto pagata, la Giurisdizione dovrebbe dichiarare la sua resa incondizionata. Mi chiedo, dunque, come sia immaginabile che una macchina possa marciare a pieno ritmo in assenza di una delle 4 ruote. Sarebbe stato allora più logico, piuttosto che abbreviare qualche termine processuale, creare nuove preclusioni, introdurre nuovi riti, occuparsi della buona amministrazione della macchina giudiziaria. Anche perché, sono sotto gli occhi di tutti le complicazioni e i bag di sistema della riforma del processo penale. Ma gettando uno sguardo alla riforma del processo civile, essa è stata ideata partendo dal presupposto dell’esistenza di un mondo perfetto, in cui ad un Magistrato vengono assegnati poche decine di fascicoli l’anno, dove in nessuna sezione vi è una carenza di organico, in cui la console del Magistrato funziona ininterrottamente, in cui nessuna causa viene assunta in riserva, dove non esistono i ruoli congelati. Cosa succederà nell’ipotesi in cui il Giudice confermi o differisca l’udienza di prima comparizione oltre il termine ordinatorio di 15 giorni? Cosa significa “giustificato motivo” nel procedimento semplificato? E l’istruzione non complessa sarà mezza CTU, una prova per testi con 2 o 3 articolati?

Aumenteranno solamente i problemi interpretativi e le cause saranno vinte non da chi ha ragione, ma da chi avrà la capacità di non incorrere nei trabocchetti della Riforma. In definitiva: c’era davvero bisogno di una riforma del codice di rito? I dati della performance della Giustizia civile in Italia (fonte: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.page?contentId=SST1287132&previs iousPage=mg_2_9_13) dimostrano che dopo l’entrata a pieno regime del processo telematico – pur con tutte le sue inadeguatezze – dal 2012 al 3° trimestre 2022 vi è stato una costante riduzione delle pendenze finali, marginalmente interrotta nel 2020, per ovvi motivi. Solo nel periodo luglio 2021 – giugno 2022 si sono registrate una riduzione delle pendenze del 9,7% nelle Corti di Appello e del 9,1% nei Tribunali (fonte: relazione Pres. Curzio). Innanzi al Giudice di pace la riduzione delle pendenze è stata meno significativa, 3,7%, ma in quell’ambito la carta la fa ancora da padrona.

Ma se ho appena detto che certamente la telematica nel processo civile ha avuto l’immediata conseguenza di migliorare l’efficienza del sistema, dobbiamo comunque registrare la vetustà delle strutture informatiche. Ad esempio da ieri e fino a lunedì i servizi informatici del settore civile nel territorio nazionale sono bloccati. Ciò potrebbe sembrare una notizia per i non addetti ai lavori, ma in realtà solo nei mesi di dicembre 2022 e gennaio 2023 abbiamo registrato ben 11 interruzioni dei servizi informatici, ciascuna di 2 o 3 giorni.

Per definire lo stato del PCT e del PPT vorrei utilizzare le parole della Sezione di Controllo della Corte dei Conti, nella Deliberazione del 22 dicembre 2022: “In considerazione della complessiva arretratezza tecnologica dei sistemi in uso, occorre procedere urgentemente al progressivo ammodernamento degli stessi. L’attuale rete digitale richiede un urgente potenziamento poiché il contratto tutt’ora in opera non è in grado di garantire né un’adeguata ampiezza di banda, né la necessaria sicurezza. È, altresì, indispensabile la realizzazione di una Rete proprietaria del Ministero della giustizia sul modello di quella in possesso dell’Arma dei Carabinieri, del Ministero dell’interno e della Guardia di Finanza”.

La verità è che la Giustizia può funzionare solo se vi è buona amministrazione e soprattutto buona volontà dei suoi attori, a prescindere dal codice di rito. Fortunatamente tanta buona volontà vi è nella nostra Corte e nei nostri Tribunale dai Capi degli Uffici e, mi sia consentito, dei Consigli dell’Ordine del Distretto. Ringrazio ad esempio il Presidente del Tribunale di Palermo, dott. Balsamo – che saluto e a cui riconosco la massima attenzione verso Foro –. Nei giorni scorsi ho avuto modo di confrontarmi con lui, abbiamo condiviso la necessità di stilare alcuni protocolli per le prime applicazioni dei nuovi codice. Non sappiamo se saranno sufficienti a garantire un passaggio indolore ai nuovi riti, ma questo è un primo passaggio che il buon senso ci ha suggerito.

Quel buon senso che ci ha consentito nei mesi scorsi di stilare un documento congiunto tra la Presidenza del Tribunale e il nostro Ordine degli Avvocati, con il quale abbiamo richiesto un differimento dell’entrata in vigore della riforma del codice di rito penale, fortunatamente accolta dal Governo. Ma vi è la consapevolezza di tutti gli operatori del settore, che nessuna riforma della Giustizia penale possa prescindere da un serio programma legislativo di depenalizzazione. Tutti i Governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi 25 anni hanno sempre inserito nei loro programmi tale obiettivo e ciò è stato dichiarato anche dal Ministro Nordio al momento del suo insediamento. Pur se dispiace avere constatato che uno dei primi atti del nuovo Guardasigilli sia stata l’introduzione per decretazione d’urgenza di un nuovo reato, relativo ai cosiddetti rave party. Per converso si deve mostrare apprezzamento per il recente aumento degli organici della Magistratura di sorveglianza. Pur se negli ultimi anni si è affrontata la problematica del sovraffollamento carcerario, continua a destare preoccupazione il terribile dato dei suicidi in carcere: circa 1 ogni 3 giorni. La pena deve sempre mantenere la sua funzione rieducativa, avendo sempre presente la centralità della persona umana, come sancita dalla nostra Carta Costituzionale, dalla CEDU e dai Trattati internazionali. Non si tratta dell’impropriamente definita “certezza della pena” (Beccaria pensava a qualcosa di profondamente diverso agli anni di carcere), ma della imprescindibile dignità della persona umana. Così come è necessario proseguire nella riflessione su due temi portati all’attenzione del dibattito politico dal Ministro Nordio.

INTERCETTAZIONI

Il primo è quello delle intercettazioni, di cui nessun può negare l’indispensabilità ai fini investigativi, che consente agli inquirenti di portare avanti indagini che altrimenti non potrebbero avere sbocco. Ma altro discorso è la loro funzione di condanna anticipata quando si è ancora nella fase delle indagini, di disonore mediatico a carico di chi – pur se non direttamente coinvolto nelle indagini o nel procedimento penale – vede le sue conversazioni private gettate in pasto al gossip e al pettegolezzo mediatico. Sul punto mi sono sembrate significative le parole di ieri di uno dei più importanti giornalisti italiani, Michele Serra: “Il problema è dei giornali che le pubblicano spacciando il vouyerismo per libertà di stampa. Noi giornalisti siamo spesso pronti a gridare alla censura, meno pronti a prendere le misure del nostro lavoro e dei nostri limiti”.

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE

Il secondo tema affrontato dal Ministro Nordio riguarda la separazione delle carriere. Presidente Frasca, so bene che su questo punto le nostre opinioni divergono e non mi permetto di citare sul punto Giovanni Falcone, perché l’ho ascoltata in altre occasione sull’esatta portata dell’intervista che venne rilasciata dall’Eroe siciliano. Ma la separazione delle carriere è logico corollario di un pilastro della Giurisdizione: l’Indipendenza e l’Autonomia del Giudice, della Pubblica Accusa e del Difensore. Non vi è Giustizia giusta, se questi 3 soggetti non sono davvero indipendenti l’uno dagli altri e tutti quanti dal potere politico, dal carrierismo, dai condizionamenti esterni e, per quanto riguarda gli Avvocati, finanche dai loro assistiti.

Separazione delle carriere non significa sottoposizione del PM al potere politico o alla vigilanza del Ministero della Giustizia. Nulla potrebbe esservi di peggio. Significa parità tra accusa e difesa. Né può essere condivisibile l’opinione per cui l’unicità delle carriere consente ai PM di avvertire il peso dell’esercizio della Giurisdizione, perché senza l’Avvocatura non vi può essere Giurisdizione ed essa non ha comunanza di carriere con i Giudici e i PM. E poi mi sia consentito di rivolgere lo sguardo ai Colleghi dell’Avvocatura dello Stato – cui rivolgo il saluto dell’Avvocatura del Distretto – e la cui carriera è separata dai Magistrati. Nessuno ha mai ipotizzato di mettere in dubbio l’Autonomia, l’Indipendenza e l’Autorevolezza della Difesa erariale.

PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Una riflessione vorrei compiere sull’annosa problematica delle spese di giustizia. È bene ribadire che il patrocinio a spese dello Stato è un servizio offerto dagli Avvocati, nell’ambito del ruolo sociale della categoria forense. Nell’anno 2022 il COA di Palermo ha evaso positivamente, in materia civile, 8.575 richieste di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di cui 6.509 di cittadini italiani (di cui 3.795 di donne, circa il 57%) e 2.066 di cittadini stranieri (in questo caso 1.586 di uomini, oltre 76%). Rispetto ai dati del 2021 vi è stata una riduzione delle ammissioni, che erano state 9.046, registrando un diminuzione per i cittadini italiani ma un aumento per i cittadini stranieri.

Nessun potere ha invece l’Ordine sulle ammissioni in materia penale, demandate al Giudice. So bene che l’ammontare dei compensi corrisposti nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato desta sempre attenzione; ma al tal riguardo mi siano consentite 2 osservazioni. L’Avvocato che difende un assistito ammesso al patrocinio a spese dello Stato, svolge l’intero grado processuale senza ricevere alcun compenso e solo alla fine riceve la liquidazione del Giudice, che nel penale è ridotta di 1/3 dei parametri e nel civile è invece dimezzato, pur se molto spesso le liquidazioni sono al di sotto di tali valori. E dopo la liquidazione deve attendere altri mesi, se non anni, per ottenere il pagamento. Quale lavoratore presta il suo servizio per anni, con la prospettiva che il suo compenso sarà pagato – forse – solo dopo lunghi mesi dal completamento della sua prestazione? La seconda osservazione riguarda l’ammontare complessivo delle liquidazioni. Non mi pare del tutto corretto verificare esclusivamente il valore assoluto delle liquidazioni, senza considerare la presenza dei flussi migratori che investono la nostra regione (significative appaino le ammissioni dei cittadini stranieri) e il dislivello economico con altre parti del nostro Paese. Inoltre il raffronto per il 2021 del valore complessivo delle spese di giustizia (comprensivo dunque delle liquidazioni in favore degli ausiliari del Giudice) con quelle delle liquidazioni in favore dei difensori, dimostra che il nostro Distretto si colloca di poco al di sopra della media nazionale in termini percentuali, ossia il 75% nazionale a fronte del 79,9% del nostro Distretto, superato da ben 11 Distretti di Corte di Appello.

PALAZZO EAS

Tra gli ultimi aspetti del mio intervento vorrei occuparmi dell’edilizia giudiziaria e soprattutto della ferita rimasta aperta, conseguente al trasferimento in via Orsini di 2 Sezioni Civili e dell’UNEP, dopo lo sgombero del Palazzo EAS. Do atto che dalle Presidenze della Corte di Appello e del Tribunale vi è sempre stata massima attenzione alle istanze dell’Ordine e la disponibilità a ricercare soluzioni alternative. Non altrettanto però vi è stato da parte del Ministero della Giustizia, che di fatto si è trincerato in un silenzio dinanzi a qualcosa d’ineludibile. Ma dopo oltre 1 anno dal trasloco i lavori di restauro del Palazzo EAS non sono iniziati e, forse, non è iniziata neanche la progettazione, con il rischio di perdere i fondi disponibili del PNRR e di riaffermare l’italico costume per cui nulla è più definitivo di ciò che dovrebbe essere transitorio. Per questo chiediamo che venga fornita al più presto la data di inizio e di fine dei lavori e reitereremo la nostra richiesta d’informazioni, finché gli uffici trasferiti non ritorneranno nella nostra Cittadella Giudiziaria.

Signor Presidente, concludo il mio intervento con 2 menzioni.

AVVOCATI IN PERICOLO

La prima verso i tanti Colleghi che vivono nel mondo in situazione di pericolo. Qualche settimana dopo l’inizio dell’invasione russa il Consiglio ha effettuato un collegamento on-line con il vicepresidente dell’Ordine nazionale forense ucraino, avv. Valentin Gvodzy. Un collega che ci ha rappresentato la piena volontà dell’Avvocatura ucraina di tenere aperta la Giurisdizione in quel Paese, anche se sotto le bombe. Un collega che ci ha raccontato che i Giovani Avvocati avevano lasciato gli studi legali per imbracciare i fucili. E proprio la settimana scorsa abbiamo avuto un altro collegamento web con il presidente dell’Ordine forense afgano, attualmente in esilio in località segreta europea, avv. Nasir Ahmad, che ci ha raccontato le atrocità del regime talebano, specie nei confronti delle donne. Senza tralasciare i processi sommari svolti a carico degli Avvocati turchi e alle persecuzioni nel Sud-America. Un Principe del Foro napoletano ha detto: “L’avvocatura è figlia della Libertà e madre della Democrazia”. Se vi è Libertà c’è sempre un Avvocato a difenderla. E soltanto se c’è un’Avvocatura libera vi è Democrazia.

RICORDO BIAGIO CONTE

La seconda riguarda un eroe palermitano, che il 12 gennaio 2023 ha lasciato la sua vita terrena. L’esempio, la forza, la tenacia, la bontà di Biagio Conte resterà sempre nel cuore dei palermitani e dei siciliani.

Signor Presidente, il mio predecessore l’anno scorso ha concluso il suo intervento con l’auspicio che quella fosse l’ultima cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario sotto la vigenza delle misure emergenziali.

Forse ci siamo!

Articoli Correlati
- Advertisment -

ULTIME NEWS