martedì, Dicembre 3, 2024
HomeCulturaAngelo Fortuna, “Di là dall’orizzonte: utopiche trasparenze”: recensione di Enzo Concardi

Angelo Fortuna, “Di là dall’orizzonte: utopiche trasparenze”: recensione di Enzo Concardi

Ci avviciniamo a questo lavoro poetico di Angelo Fortuna per successivi approfondimenti, fino al dettaglio di talune tra le composizioni più significative. Come rilevato anche da Marcella Mellea nella prefazione, il titolo suggerisce già di per sé una traccia culturale e tematica entro la quale si svolge la scrittura del poeta: oltre lorizzonte non significa altre che, a livello filosofico, il procedere all’interno delle dimensioni metafisiche ed ontologiche, superando il materialismo per cercare di scrutare il senso della vita e il destino umano in una visione che accoglie le categorie dell’eterno e dell’infinito. Chi ha mirabilmente colto tale disposizione dello spirito è stato Giacomo Leopardi che, ne Linfinito – per lui concetto filosofico e non religioso – crea il simbolo della “siepe”, «… che da tanta parte / dell’ultimoorizzonte il guardo esclude». È propriamente il limite che il nostro autore vuole superare. Ma, mentre il poeta recanatese va oltre attraverso il pensiero («Ma sedendo e mirando, interminati / spazi di là da quella, e sovrumani / silenzi, e profondissima quiete / io nel pensier mi fingo…»), Fortuna va al di là esplicitamente e concretamente mediante la visione spirituale e teologica del Cristianesimo. 

Più difficile è l’interpretazione delle utopiche trasparenze, anche se propendo per un’esegesi che considera l’utopia un fattore positivo per il progresso dell’umanità e non un sognare senza conseguenze sulla realtà. Positivo in quanto propone delle mete che nel contingente sembrano irrealizzabili, ma che nei tempi lunghi della storia sono divenute conquiste importanti. Tutta questa impostazione a monte della poetica, mi sembra confermata dalla Introduzione che l’autore stesso ha sentitoil bisogno di scrivere per affermare il lampo divino insito nella poesia e nel poeta, portando a dimostrazione di ciò diverse citazioni di poeti anche non credenti: “Poesia come atto divino e bagliore del trascendente” è appunto il titolo assegnato alla introduzione medesima. Ed inizia con la citazione di Egar Allan Poe che definisce la poesia «un atto divino», passando poi da Arthur Rimbaud, per il quale «solo l’amore divino conferisce le chiavi della conoscenza»e crea la figura del poeta veggente. Vladimir Majakovskijconsidera la poesia un viaggio nell’ignoto, mentre Jorges Luis Borges vi riconosce una componente di mistero. Alda Merini trova nel silenzio della notte, tempo d’ispirazione dei poeti, una valenza colloquiale con l’alterità e Pablo Neruda eleva la poesia a simbolo della atemporalità dell’eterno. Alfred de Vigny parla di un’insanabile frattura fra poeta e società, in quanto «il mondo è sordo alla sensibilità dei poeti, perché la poesia è fondata sulla verità, mentre la società, materialista e sorda ai sentimenti, è fondata sulla menzogna». Ed ovviamente anche Fortuna si pone in tale rispettabile compagnia affermando che «… la poesia è sempre una forma di preghiera, di volontà di frequentare gli orizzonti del trascendente». 

Coerentemente con tali convinzioni egli mette al servizio della verità religiosa l’arte della parola. Emblematiche e paradigmatiche di ciò sono le liriche Pasqua di Resurrezione Natale, ieri, oggi, domani, composizioninelle quali celebra in modo apologetico – tanto da ricordare gli Inni Sacri frutto della conversione del giovane Alessandro Manzoni – alcuni dogmi della fede cristiana. Chiari e fidenti sono i versi che concludono la prima lirica: «…Mentre Gesù e Maria, fianco a fianco, / sui verdi sentieri della salvezza / spalancano orizzonti d’infinito, / la folla si disperde per le vie / ruminando in cuor la buona novella / dei cieli in eterno spalancati. // Lassù fra i silenzi fragorosi / nel cuore della divina Trinità». E così una sestina della seconda lirica ribadisce: «…Ancora oggi il bue e l’asinello / assistono Maria col Bambino / e con Giuseppe padre putativo / nella grotta che odora santità. / Ieri, oggi e sempre Gesù Cristo / unica via veritas et vita…». Il poeta è poi ispirato dai paesaggi della terra siciliana, dove affondano le sue radici: coglie i mutamenti stagionali fra spiagge assolate e soffi di tramontana; il gelo che talvolta visita anche l’isola del sole; le precoci fioriture dei mandorli fra Avola e Noto; le suggestioni dell’isola di Capo Passero che richiamano l’infinito. E poi ancora riflessioni sull’unicità e irripetibilità dell’essere umano, sul valore del pensiero, sulla tragedia della guerra in Ucraina, sulla necessità per l’umanità di cambiare rotta per tornare sulle tracce del vero e costruire una nuova civiltà.

Articoli Correlati
- Advertisment -

ULTIME NEWS