mercoledì, Ottobre 9, 2024
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In Sicilia a spasso un laureato su due

Adamo: “In Sicilia pochi laureati, poco preparati e senza esperienza, 
così uno su due non trova lavoro”.
Alessi: “Gli incentivi non bastano a colmare il gap formativo, mentre 
raddoppia l’offerta di posti nei settori digitali e green”.
Silvestri: “Servono più fondi per le politiche attive, bisogna replicare 
con tirocini nelle imprese e aggiornamento delle competenze il modello 
Gol che ha preso in carico 250mila soggetti e ne ha fatti assumere 
41mila”

“In cinque anni in Sicilia il divario tra 
formazione terziaria e sbocco lavorativo è quasi raddoppiato: nel 2019 
le imprese faticavano a trovare un laureato su tre posti di lavoro 
offerti, adesso la difficoltà è salita a uno ogni due. E un laureato su 
due, così, è a spasso”.
Lo afferma Maurizio Adamo, presidente della Consulta regionale dei 
consulenti del lavoro, in vista del convegno di lunedì prossimo allo 
Steri sull’orientamento universitario. Adamo spiega: “Da un lato ci sono 
troppo pochi laureati (quasi il 30% dei giovani fra i 25 e i 34 anni, 
contro la media europea del 42%); ma, dall’altro lato, pesa una 
preparazione spesso non legata alle esigenze delle imprese, unita alla 
mancanza di esperienza pratica. Ne consegue che, come calcola 
Almalaurea, a un anno dalla laurea, a parità di ogni altra condizione, i 
laureati che risiedono al Nord o al Centro hanno, rispettivamente, il 
32,1% e il 12,7% di probabilità in più di trovare un’occupazione 
rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno”.
Per il presidente regionale della Consulta “occorrono, dunque, corsi di 
laurea sempre più incentrati sull’interdisciplinarità, per tenere conto 
della grande complessità e velocità di cambiamento che il mercato del 
lavoro sta vivendo in questo periodo storico. I corsi di laurea, in 
particolare, vanno sempre più intesi come percorsi che devono andare 
oltre la mera preparazione tecnico-scientifica, ampliando i propri 
orizzonti verso tematiche talvolta lontane dall’attuale contenuto 
formativo. Infatti, il Bollettino Excelsior di Unioncamere e Anpal ha 
messo in luce il fatto che tra le competenze più richieste dalle imprese 
per gli ingressi del 2023 in Sicilia, si annoverano la flessibilità e 
l’adattamento, la capacità di lavorare in gruppo, le competenze 
digitali, linguaggi e metodi matematici e informatici, le tecnologie 
4.0, il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, il problem 
solving”.
“In più, per il futuro – gli fa eco Antonino Alessi, presidente 
dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo – l’impatto delle 
tecnologie digitali e della transizione verde è destinato a esasperare 
queste contraddizioni. Le proiezioni sui nuovi fabbisogni configurano 
una crescita rilevantissima della domanda di figure tecniche 
specializzate e un progressivo raddoppio della relativa quota sul totale 
della domanda di nuove assunzioni (32%), anche per il contributo offerto 
dalla ripresa degli ingressi nella P.a.. Più in generale, nel 53,1% dei 
casi è richiesta ai laureati un’esperienza specifica, nel 34,5%  
un’esperienza un po’ più ampia ma nello stesso settore, e nel 6% 
un’esperienza generica. Solo nel 6,4% dei casi non è richiesto alcun 
tipo di esperienza. Ed è dimostrato che un laureato che svolge un 
tirocinio aumenta del 4,3% la possibilità di trovare lavoro”.
“Per investire sull’adeguamento della formazione – conclude Alessi – 
occorrono risorse, ma in Sicilia si avverte un forte squilibrio, dato 
che la maggior parte dei fondi europei, nazionali e regionali è 
destinata a incentivare l’offerta di lavoro (assunzioni) piuttosto che a 
sostenere una più adeguata preparazione dei candidati che li renda più 
occupabili attraverso tirocini in azienda e aggiornamento delle 
competenze. Il risultato è che, secondo i calcoli della Fondazione studi 
dei consulenti del lavoro, si batte solo sugli sgravi contributivi, ma 
su 100 assunzioni incentivate solo il 35,5% risulta ancora attivo dopo 
tre anni”.
“In Sicilia – analizza Vincenzo Silvestri, presidente nazionale della 
Fondazione consulenti per il lavoro – è positiva l’iniziativa 
dell’Università di Palermo che finanzia direttamente tirocini 
curriculari di propri studenti presso le aziende convenzionate. E’ un 
ottimo esempio che andrebbe replicato su vasta scala beneficiando delle 
risorse della prossima programmazione delle Politiche di coesione 
2021-2027. Infatti, un primo esempio di cambiamento nelle politiche 
attive arriva proprio da un simile strumento, il programma ‘Garanzia 
occupabilità lavoratori’, finanziato dal ‘Pnrr’, con cui la Regione sta 
curando la riqualificazione professionale e l’aggiornamento delle 
competenze dei soggetti deboli del mercato del lavoro, come i percettori 
di ammortizzatori sociali e di Rdc. Allo scorso 31 gennaio risultavano 
presi in carico da ‘Gol’ ben 249.770 soggetti, di cui 97.058 avviati a 
percorsi di reinserimento lavorativo, 59.193 in aggiornamento delle 
competenze, 83.388 in riqualificazione professionale e 10.131 in misure 
di lavoro e inclusione; di questi, 48.661 sono stati inseriti in una 
politica attiva e 41.360 sono stati occupati dopo 6 mesi. Anche la 
riforma del Reddito di cittadinanza ha introdotto percorsi di formazione 
e lavoro con la piattaforma digitale per l’inclusione sociale e 
lavorativa (Siisl), nella quale sono stati coinvolti sinergicamente 
tutti gli attori del mercato del lavoro per favorire l’occupazione dei 
soggetti più fragili della nostra società. Questi risultati positivi – è 
la tesi di Silvestri – ci spingono a proporre di replicare su vasta 
scala un simile modello per rendere più efficace il rapporto fra 
università, Its e mercato del lavoro, con l’obiettivo di mettere a 
disposizione delle imprese risorse professionali formate sul campo e 
dotate di esperienza”.

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