lunedì, Ottobre 14, 2024
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Until the End of the World: il documentario inchiesta su acquacoltura fa tappa in 5 città siciliane

Non solo carne. Oltre agli allevamenti intensivi di maiali, polli e vitelli, sempre più al centro delle cronache e dell’attualità, anche l’industria del pesce incide in maniera significativa sulla sostenibilità ambientale, sulla sicurezza alimentare e sullo sfruttamento delle risorse, inquinando paradisi naturali e distruggendo piccole economie locali in varie parti del mondo.

Questo è ciò che racconta “Until the End of the World” (Italia, 2024, 58’), il nuovo documentario del regista e giornalista Francesco De Augustinis, vincitore dell’Environment Award 2024 al 21esimo International Ocean Film Festival di San Francisco. Il film, che sta girando le sale di tutta Italia, sarà proiettato anche in Sicilia con ben 5 appuntamenti alla presenza dell’autore, grazie anche alla collaborazione di Legambiente Sicilia e Slow Food Sicilia. Si comincia il 15 maggio a Palermo (Spazio Mediterraneo ai Cantieri Culturali alla Zisa, ore 19:30, con la partecipazione di Fabio Di Francesco, presidente di Slow Food Sicilia, e Giulia Casamento, responsabile del gruppo di lavoro regionale sulla Biodiversità di Legambiente Sicilia), per proseguire il16 ad Agrigento (Spazio Temenos, Chiesa di S. Pietro, ore 18), il 17 maggio a Catania (cinema King, ore 19), il 18 a Milazzo (MuMa – Museo del Mare ore 18), per concludere il 19 maggio a Messina (Associazione Culturale “Spazio Lilla”, ore 18) nell’ambito di Aspettando Mangia e cambia, festival di Slow Food.

Sostenibilità ambientale e allevamenti intensivi: il legame c’è e si vede – Dopo “Deforestazione Made in Italy” e “One Earth – Tutto è connesso”, De Augustinis torna a parlare del legame tra sostenibilità ambientale e allevamenti intensivi, indagando questa volta ciò che succede nell’industria dell’acquacoltura – cioè l’allevamento degli animali d’acqua – forse meno famosa di quella della carne ma non meno importante in termini di impatto ambientale e di profitto. “Il documentario racconta la crescita rapidissima degli allevamenti di pesce, per produrre salmoni, spigole, orate, o anche gamberi, trote e tonni, in diverse regioni del mondo,” afferma l’autore. “In questo viaggio attraverso tre continenti abbiamo incontrato realtà molto diverse e tantissime comunità locali, che stanno combattendo ognuna la sua battaglia contro la crescita inarrestabile di questa industria, che spesso minaccia la loro stessa esistenza.”

Until the end of the world – Il documentario, frutto di un lavoro di ricerca giornalistica durato tre anni, realizzato grazie al sostegno di Journalismfund.eu e dell’Internews’ Earth Journalism Network, racconta le varie tappe di un viaggio sulle orme dell’industria dell’acquacoltura, per indagare se davvero questo modello produttivo contribuisca a rendere più sostenibile il sistema alimentare, come promette, a fronte di una popolazione mondiale che potrebbe raggiungere 9,7 miliardi di persone nel 2050.

 numeri dell’acquacoltura – Oggi l’acquacoltura è nota per essere l’industria alimentare che cresce più rapidamente al mondo, tanto che già nel 2021 a livello globale la quantità di pesce prodotto in allevamento ha superato la pesca. Numeri esatti, quando si parla di pesci, sono praticamente impossibili, ma secondo alcune stime (Compassion in World FarmingFishCount) nel mondo sono allevati tra i 40 e i 120 miliardi di pesci, per una produzione annuale di circa 122,6 milioni di tonnellate (UN Food and Agriculture Organisation, 2022). Numeri enormi che crescono per effetto di una precisa volontà politica: secondo la FAO la crescita degli allevamenti di pesce è un ingrediente base della cosiddetta “Blue Transformation“, la strategia delle Nazioni Unite per aumentare la produzione globale di cibo con un maggiore ricorso alle risorse marine. Nei fatti, spiega il documentario, questo sostegno incondizionato all’allevamento di pesci oggi sta attirando enormi investimenti su questa industria relativamente nuova. Il film mostra però anche gli effetti collaterali di questa crescita esponenziale, che ricorda molto quanto successo pochi decenni fa con la nascita e il diffondersi ovunque degli allevamenti intensivi di terra: partendo dagli allevamenti di spigole e orate nel Mediterraneo, in Italia, Grecia e Spagna, il documentario mostra l’inquinamento di paradisi naturali, la distruzione di piccole economie locali e la paradossale concorrenza di questa industria con i mezzi di sostentamento di intere comunità, anche in aree vulnerabili del Pianeta.

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