venerdì, Aprile 26, 2024
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Agrigento, presentato il bollettino climatico e il “nemico del clima” in Sicilia

Un analisi delle temperature medie e delle precipitazioni negli ultimi 40 anni ad Agrigento, gli eventi climatici estremi in città nell’ultimo decennio, il “nemico del clima” in Sicilia e le proposte per un’azione di contrasto concreta ai cambiamenti climatici.

Sono questi, in sintesi, i temi affrontati nel corso della conferenza stampa tenuta stamane a bordo del Treno Verde, in sosta al binario 1 della stazione bassa di Agrigento. A parlarne Mattia Lolli, portavoce del Treno Verde, Claudia Casa, direttrice di Legambiente Sicilia, Daniele Gucciardo, presidente del circolo Legambiente “Rabat” di Agrigento, Mimmo Fontana della segreteria nazionale di Legambiente, Gabriella Battaglia, assessore alla Protezione Civile e Pubblica Incolumità del Comune di Agrigento, Salvatore Pitruzzella, Energy Manager del Comune di Agrigento, Enzo Camilleri, consulente Programmazione Sviluppo Territoriale dell’amministrazione comunale di Agrigento e Michele Tagliareni, responsabile di Casa Confort.

Quella in Sicilia è la seconda di tredici tappe della storica campagna itinerante promossa da Legambiente e dal Gruppo FS Italiane, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Il bollettino climatico di Agrigento 

Nel corso della conferenza stampa è stato presentato il bollettino climatico, uno strumento elaborato da Legambiente al fine di evidenziare come il cambiamento climatico sia un tema drammaticamente attuale anche nelle nostre città, oltre a essere una questione globale. I dati raccontano come il clima stia cambiando, non solo per le temperature sempre più elevate, ma anche nel regime delle piogge sempre più intense, che stanno provocando danni e disagi alle infrastrutture urbane, e quindi ai cittadini. 

In particolare, i dati evidenziati da Legambiente prendono in esame le temperature medie della città di Agrigento dal 1978 ad oggi, mettono in evidenza come questa abbia subito nel tempo un incremento di 2,6 °C, passando da 16,8 °C a 19,4 °C.

L’andamento si conferma anche prendendo in esame le temperature medie nei mesi estivi, dove si passa da 24°C del 1978 a 28°C del 2018. Questa stessa temperatura media è stata registrata in maniera costante negli ultimi 4 anni, ossia dal 2015 al 2018. Se si stila, infatti, una classifica dei mesi di luglio più caldi, si noterà come l’80% delle temperature medie più alte si sia verificata dopo il 2000, mentre il 40% agli ultimi 10 anni. 

Il trend è simile nei mesi invernali. Analizzando le temperature medie del mese di gennaio dal 1978 al 2018 ne esce un quadro di innalzamento delle temperature medie di 4°C. In altre parole, ad Agrigento, l’innalzamento della temperatura sta procedendo al ritmo di un grado per decennio.

Altro parametro interessante è quello relativo alle precipitazioni. Il “bollettino climatico” prende in esame il numero di giorni medio di precipitazioni annuali, che dal 1978 mostra una tendenza ad aumentare progressivamente. Si passa, infatti, da una media di 4,9 giorni di pioggia dal 1978 al 1988, ai 5,5 dell’ultimo decennio. 

Dato però che si accompagna ad un calo delle precipitazioni, su scala regionale, di quasi il 40% rispetto al 2009.

La scarsità di precipitazioni e l’aumento delle temperature favorisce i processi di evapotraspirazione, che ha fatto registrare un incremento del 22% dal 2009, e quindi di riduzione del contenuto di acqua nei terreni, provocando siccità e aggravando i processi di desertificazione. Con tutte le conseguenze in tema di agricoltura, tipicità gastronomiche e turismo.

“Sembra fatto di proposito, ma ovviamente non è così: il Treno Verde è arrivato in Sicilia proprio in coincidenza con un periodo che dal punto di vista meteorologico conferma il dato preoccupante della piovosità scarsa o addirittura nulla, con conseguente inaridimento dei terreni”, ha affermato la direttrice di Legambiente Sicilia Claudia Casa.

“Il timore anche in ragione di eventi pregressi – ha continuato l’attivista – è per l’arrivo improvviso di qualche bomba d’acqua o di qualche gelata. Tutto questo accresce senza dubbio la consapevolezza sui cambiamenti climatici in atto e deve servire da monito perché tutti facciano la propria parte: istituzioni, mondo imprenditoriale e cittadini”.

Gli eventi climatici estremi ad Agrigento 

Sono 42 gli eventi climatici estremi, individuati da Legambiente attraverso l’Osservatorio CittàClima (cittaclima.it), che hanno coinvolto il Comune di Agrigento dal 2010 ad oggi.

Di questi, 14 sono state piogge intense, 8 eventi legati a forti raffiche di vento che hanno generato danni, una esondazione fluviale, una frana, 12 eventi che a causa delle piogge hanno provocato danni a infrastrutture. 6, infine, gli eventi legati a piogge e vento che tuttavia non hanno fatto registrare particolari danni.

Forti raffiche di vento che insieme alle forti precipitazioni causano sradicamenti di alberi e cedimenti di rami limitando la viabilità in molte strade e causando danni ad auto in sosta e alle infrastrutture stradali ed edilizie sono solo esempi di alcuni dei disagi che il territorio ha subito in questi momenti. Fino ad arrivare ad episodi più gravi, come nel novembre 2018, quando a causa delle forti piogge gli abitanti del villaggio Peruzzo (più di 50 famiglie) sono stati costretti a lasciare la propria casa a causa dell’esondazione del fiume Arkagas.

Questi eventi portano con sé non solo danni, ma anche disagi alla popolazione. Basti pensare che, secondo i dati presi in esame da Legambiente, il 40% degli eventi estremi siano avvenuti nella zona litorale, in particolare zona Villaggio Mosè e San Leone, creando non pochi disagi. Ma anche al fatto che negli ultimi 8 anni, e per ben 5 volte, il Sindaco è stato obbligato a disporre la chiusura delle scuole a causa dell’allerta meteo. Misure di prevenzione estreme che mettono in evidenza la necessità di rendere le nostre città più resilienti ai cambiamenti climatici, mettendo in sicurezza anche i cittadini. 

Certamente Agrigento risulta una città particolarmente colpita dagli eventi climatici estremi, e in questa analisi manca il tema delle ondate di calore, tema più difficile da gestire in modo locale. 

Nei contesti urbani appare evidente come sia necessario agire con urgenza e concretezza anche attraverso l’aiuto di strumenti di pianificazione come i Piani locali di adattamento ai cambiamenti climatici, in grado non solo di mettere in evidenza le criticità della città ma anche di pianificare azioni integrate e concrete di adattamento e mitigazione. Tra queste lo sviluppo di piani di riqualificazione del patrimonio edilizio (pubblico e privato), la produzione di energia da fonti rinnovabili approfittando anche dell’apertura ai nuovi modelli energetici come le comunità energetiche. Due soluzioni che oltre che ad aiutare il clima sono in grado anche di ridurre i costi in bolletta per le famiglie.

Un’altra misura possibile per il contrasto ai cambiamenti climatici è la salvaguardia della permeabilità dei suoli, che investe il tema della gestione delle acque soprattutto nei contesti urbani. Sarebbe poi necessario vietare l’utilizzo dei piani interrati come abitazioni, come anche qualsiasi edificazione nelle aree a rischio idrogeologico e in quelle individuate da Enea come aree di esondazione al 2100 per l’innalzamento del livello dei mari. Sarebbe infine necessario delocalizzare gli edifici in aree a rischio 1.

È fondamentale mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni meteorologici estremi, compiendo anche scelte importanti come il divieto assoluto di intubamento dei corsi d’acqua.

Altre misure per il contrasto ai cambiamenti climatici sul territorio sono il recupero, riutilizzo e risparmio dell’acqua in tutti gli interventi edilizi, l’utilizzo dei materiali capaci di ridurre l’effetto “isola di calore” nei quartieri, o idee coraggiose e innovative come, ad esempio, l’insediamento di vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane negli interventi di riqualificazione o creazione di spazi pubblici, come piazze e parcheggi.

“È assolutamente indispensabile un cambio di paradigma – ha evidenziato Mimmo Fontana, della segreteria nazionale di Legambiente – non si può immaginare di pianificare le città senza considerarle resilienti. Ci sono Paesi più avanzati dell’Italia, in tal senso. Penso all’Olanda, che ha messo in piedi strategie nazionali come ‘Spazio al fiume’, ossia strategie capaci di partire da una decementificazione profonda con lo scopo di recuperare permeabilità. Ma penso anche all’Austria e al Belgio, che stanno investendo molto sul rifacimento completo dei sistemi fognari”.

“In Italia non c’è nulla di tutto ciò – ha sottolineato – perché chi deve pianificare per il territorio non ha una strategia nazionale di riferimento. Da essa, infatti, discende un cambio di paradigma nella pianificazione locale”. 

“La pianificazione del domani deve avere come oggetto la mitigazione del rischio, la permeabilità dei suoli, l’azzeramento del consumo di suolo e un ruolo centrale del sistema di verde urbano per combattere le isole di calore. Vale per città medie come Agrigento, ma vale ovunque”, ha concluso Fontana.

I nemici del clima in Sicilia

Secondo il registro europeo E-PRTR, sono 8 i principali settori che, nel 2017, hanno contribuito ad emettere in atmosfera 135,1 milioni di tonnellate di CO2. Tra questi l’industria mineraria, chimica e metallurgica, ma quello che incide maggiormente è il settore energetico che da solo rappresenta nel Paese il 74,9% delle emissioni totali di CO2. Impianti alimentati a fonti fossili: carbone, gas e olio combustibile, inquinanti e climalteranti. 

In Sicilia le emissioni climalteranti emesse nel 2017 sono state pari a 15,1 milioni di tonnellate, pari all’11,2% delle emissioni nazionali, provenienti da 3 settori, per un totale di 17 attività produttive industriali: quello energetico che rappresenta l’81% delle emissioni complessive regionali, seguito dal settore chimico con il 11,7% delle emissioni e da quello industriale con il 6,7% delle emissioni.

Si tratta di dati rilevanti ma purtroppo non sorprendenti, considerata l’imponente presenza sul territorio regionale di impianti inquinanti, come ad esempio quelli di Eni.

Mentre il tutto il mondo si parla di lotta all’emergenza climatica, Eni stabilisce il record di produzione con 1,9 milioni di barili/giorno, la più alta mai registrata dalla compagnia e incrementa, nell’ultimo anno, il portafoglio di titoli minerari attraverso l’acquisizione di nuovi 29.300 kmq di titoli esplorativi distribuiti tra Messico, Libano, Alaska, Indonesia e Marocco. 

Parliamo della stessa azienda condannata per le sue attività di green washing, finalizzata da un lato a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale (come nel caso di Gela), e dall’altro al rifiuto dell’investimento sulle energie rinnovabili, oltre che nel risanamento e nel controllo dell’inquinamento generato dai processi produttivi. Come nel caso di Milazzo, dove Eni ha recentemente minacciato la chiusura dell’impianto.

Proprio al colosso dell’energia è stato dedicato il flash mob #SavePongo organizzato nella giornata di ieri dagli attivisti e attiviste di Legambiente ad Agrigento: “Per affrontare l’emergenza climatica dobbiamo partire dalle sue cause principali: le fonti fossili e le multinazionali che continuano ad estrarle in tutto il mondo, proprio come Eni – ha affermato Mattia Lolli, portavoce del Treno Verde – se davvero il Governo, come dice da tempo, vuole dare un cambio di rotta alle politiche energetiche e climatiche, si deve partire da lì. Ricordo, infatti, che Eni è un’azienda partecipata dallo Stato. Non possiamo più accettare green washing o ricatti sulla pelle della salute dei cittadini. Il tempo delle parole è finito, ora servono coraggio ed azioni concrete”.

La terza e ultima giornata del Treno Verde ad Agrigento proseguirà nel pomeriggio, con l’estemporanea di pittura, che si protrarrà fino alle ore 16, a cura di bellearticaf.it e con le visite del percorso-mostra a bordo del convoglio, aperto dalle 16 alle 18:30. L’ingresso è libero.

Oggi il Treno Verde lascerà la Sicilia per dirigersi a Potenza, dove il 25 febbraio prenderà il via la terza tappa del tour 2020.

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