Lo scorso marzo, nell’aula del tribunale di Agrigento, le accuse rivolte dal pm dinnanzi ai giudici della Seconda Sezione Penale presieduti da Wilma Angela Mazzara erano state pesanti. Una madre di 50 anni, era accusata di aver indotto la giovanissima figlia (allora minorenne) a prostituirsi con clienti i quali pagavano un tariffario compreso fra le 30 e le 50 euro. La donna si era difesa dicendo che “Erano amici, non clienti”. persone che sapevano del loro disagio economico e le aiutavano. Interrogata in tribunale, la figlia, oggi maggiorenne, ha difeso la madre accusata di sfruttamento sessuale. “Non è vero che mi faceva prostituire”, ha detto la ragazzina. Mia madre non mi ha mai fatto prostituire con nessuno né l’ho mai fatto io spontaneamente”. Secondo l’accusa, invece, sarebbe stata la madre a prendere gli appuntamenti con i clienti e stabilendo con loro tariffario e prestazioni. E’ stato anche interrogato l’amministratore del condominio in cui si trova l’abitazione dove la ragazza, a partire dal 2014, avrebbe esercitato l’attività di prostituzione. “Non mi sono mai accorto di nulla – ha detto l’uomo ai giudici – né ho mai ricevuto segnalazioni o lamentele sul fatto”.